Il Geographic Profiling. Alcune considerazioni

Autore: dr. Domingo MAGLIOCCA
Istituto di Scienze Forensi Centro di Ricerca
Unità GOP Geographic Offender Profiling
Indagare “Lì” nel “Dove”
Determinare, mediante l’analisi della posizione delle scene del crimine, l’area in cui un autore ignoto di reato potrebbe avere la propria “residenza” rappresenta l’obiettivo primario del Geographic Profiling. Indagare “Lì” nel “Dove”.
Il Geographic Profiling è una moderna e avanzata tecnica di investigazione criminale basata sull’applicazione del metodo geografico costruito su una procedura specialistica location-based, che implica l’analisi geo-spaziale dei luoghi dei reati. Nello specifico, il Geographic Profiling è l’applicazione pratica di princìpi geografici, criminologici e psicologici che consente di esaminare gli elementi spaziali, temporali e ambientali degli eventi offensivi, nonché gli indizi geografici del comportamento umano lasciati dal reo sulla "scena geografica del crimine".
È certamente un compito arduo individuare con certezza il punto esatto della residenza dell’autore del reato. Tuttavia, differenti approcci teorici, ricerche empiriche e lo sviluppo di sistemi informatici hanno dimostrato che è possibile avanzare delle valide ipotesi predittive riguardo all’area in cui è localizzabile la base di un serialista.
Per affrontare la questione, appare utile considerare il motivo per il quale ci si aspetterebbe un’associazione (spaziale) tra il luogo di residenza del reo ed i luoghi in cui egli commette i crimini. Nell’ambito del profiling geografico investigativo, con riferimento agli spostamenti di un criminale (dal luogo di abitazione alla scena del crimine), è menzionato spesso il principio del “minor sforzo” di Zipf: gli autori di crimini effettuerebbero spostamenti per il tempo strettamente necessario per commettere un reato, riducendo in tal modo gli sforzi (economici, fisici) ed i rischi. Senza dubbio, le distanze percorse dal reo variano in funzione della tipologia di crimine in quanto le opportunità e gli obiettivi da aggredire non sono equamente distribuite. Ad esempio, un autore di furti seriali in città percorrerà distanze minori rispetto ad un rapinatore di banche in quanto le potenziali abitazioni da poter aggredire sono dislocate ovunque ed in numero superiore rispetto alle banche.
Ulteriori riferimenti teorici, idonei a conferire un valore investigativo alla distribuzione geografica degli eventi criminosi ed agli spostamenti dei criminali, provengono dalla criminologia ambientale, quella parte della criminologia che studia il crimine e l’autore del reato in relazione ai luoghi in cui un evento offensivo avviene ed in cui il reo decide di delinquere: la crime pattern theory di P. Brantingham e P. Brantingham (1981), la teoria della scelta razionale di Clarke e Cornish, la funzione di decadimento della distanza.
La Crime Pattern Theory indica che gli autori di crimini entrano in contatto con i potenziali obiettivi attraverso le loro normali attività di routine, strutturate attorno a determinati punti di ancoraggio (abitazione, luogo di lavoro, di svago, luoghi sociali), e suggerisce che un autore di reato commetterà crimini lungo i percorsi che collegano il proprio punto di ancoraggio (tendenzialmente l’abitazione) con i luoghi in cui svolge le attività di routine. Come osservano Felson e Clarke (1998), “crimini altamente insoliti possono seguire schemi molto routinari”.
Un reo, seguendo un criterio razionale di guadagni attesi e di rischi, scansiona il suo spazio di consapevolezza e gli obiettivi e, recependo quegli indizi e segnali ambientali, geografici, spaziali, legali e simbolici che meglio si adattano al suo schema-modello di ricerca e selezione, riconosce l’attrattività (di conseguenza, la desiderabilità) dell’obiettivo stesso ed il momento ed il luogo idoneo all’attacco (Magliocca, 2023b). L’autore di un crimine si muove all’interno dell’ambiente servendosi di “una cartina geografica mentale”, la quale, fungendo da quadro spaziale-geografico di riferimento, agisce sulla selezione del luogo del crimine, che non potrebbe essere altrimenti osservato ed individuato se il reo non ne avesse avuto una pregressa conoscenza (Magliocca, 2020; 2023a).
La teoria della scelta razionale concerne l’aspetto decisionale relativo alla commissione di un reato. Gli autori di crimini agiscono su distanze che compensano i costi (tempo, percorsi da affrontare, costo materiale dell’azione) ed i benefici (guadagni attesi). Tuttavia, un autore di reato, disposto ad ottenere un importante “guadagno” dalla sua azione, potrebbe percorrere considerevoli distanze.
Mobilità criminale
In criminologia, la mobilità e gli spostamenti degli autori di reato sono associati ad un settore della ricerca scientifica nota con il termine “journey to crime”, che esamina le distanze che l’autore del reato percorre dalla sua residenza al luogo della scena del crimine.
Sommariamente, il modo in cui i criminali selezionano gli obiettivi potrebbe non essere così diverso dai criteri mediante cui la gente comune si muove e seleziona i luoghi da visitare durante le attività ordinarie. Essi maggiormente si spostano e commettono crimini all’interno della propria comfort zone «familiare», intesa sia in termini affettivo-parentali e sia in termini di luoghi frequentati abitualmente.
Gli spostamenti verso i luoghi del crimine tendono ad essere brevi e la mobilità è soggetta al principio del decadimento della distanza, ovvero la probabilità di commettere un crimine decresce all’aumentare della distanza dalla residenza del reo.
In effetti, senza creare generalizzazioni e giustificare una causalità diretta, sembra che la selezione degli obiettivi operata da un autore di reato collassi lentamente in cambio della certezza di un’area sicura e familiare in cui agire ed a causa dell’incomodo di doversi muovere all’interno di un ambiente poco conosciuto che richiede tempo e impegni maggiori di spostamento e di adattabilità (Magliocca, 2020; 2023).
Dallo studio europeo di Laukkanen (2007), che ha analizzato i dati di crimini registrati in Italia e Finlandia concernenti incendi, rapine, omicidi, furti, furti seriali e stupri, è stato evidenziato, anche in accordo con le ricerche pregresse, che le distanze mediane dall’abitazione al luogo del crimine erano relativamente ridotte, con i crimini di incendio doloso e omicidio che si verificano a meno di 2 km dalla residenza dell’autore del reato, a differenza dei furti con scasso e rapina, avvenuti in media a più di 3 km dalla home-base.
Ricorrendo all’approccio dicotomico criminologico del reato espressivo-strumentale, i risultati dello studio di Laukkanen indicano che le distanze mediane dalla home base del reo al luogo del crimine sono minori nei crimini classificati affettivi (incendio doloso, l’omicidio), al contrario dei reati strumentali (furti con scasso, rapine), commessi con armi, con un grado di panificazione, associati a distanze più lunghe.
Rossmo (2025) ha condotto una meta-analisi riguardo ad alcuni studi afferenti alla mobilità criminosa, in relazione a crimini commessi negli Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Europa continentale, Asia e Australia, dal 1930 al 2003, ed ha rilevato che la distanza percorsa dagli autori di reato, indicata in letteratura, era compresa tra 1 e 2 miglia.
Un rilevamento effettuato in Italia - che l’autore di questo articolo considera il miglior dato spaziale empirico disponibile nel nostro Paese riguardo alla mobilità degli aggressori sessuali - indica che gli stupratori nella città di Milano hanno percorso una distanza dal luogo di residenza alla scena del crimine di 5,79 km in media, con un valore mediano di 1,69 km (Zappalà, Bosco, 2008).
La mobilità criminale è caratterizzata da tre elementi fondamentali interconnessi: il punto di partenza o di ancoraggio del reo da cui si origina lo spostamento; la direzione in cui si muove il criminale; la distanza della scena del crimine dal punto di riferimento. Magliocca (2021b; 2024b), con il fine di rilevare la mobilità criminale e l’interazione delle tre componenti (punto di ancoraggio, distanza e direzione), ha analizzato un crimine espressivo relativo alla serie di incendi, composta da 52 siti, commessa in California da Harry Burkhart. La serie si è estesa su un’area di 261 Kmq ed in un ristretto arco temporale, dal 30 dicembre al 01 gennaio.
Per il giorno 30 dicembre, il serialista ha avuto una mobilità meno accentuata; si sposta tenendosi non lontano dalla sua abitazione, fino a cinturarla. Per il giorno 31 dicembre, il reo inizia ad appiccare incendi durante la notte, lontano dalla sua abitazione, in una zona differente da quella del 30 dicembre, con l’attività criminosa che si estende nell’area a nord rispetto alla posizione del punto di ancoraggio e, successivamente, man mano che prosegue la serie giornaliera, si sposta nell’area di residenza. Nell’ultimo giorno della serie, il reo si sposta nella parte opposta rispetto all’area colpita nel giorno 31 dicembre. Appicca il primo incendio in prossimità del punto di ancoraggio, poi si sposta nella parte nord-est dell’abitazione. Dopo aver colpito a nord, il reo si avvicina alla sua abitazione. L’incendiario viene fermato mentre si stava dirigendo verso casa, a seguito dell’ultimo incendio.
Seppur i "viaggi" verso i luoghi del crimine siano espressione di un’articolata interazione tra il reo, il punto di ancoraggio, le distanze, l’ambiente circostante e la conoscenza del territorio, l’esito della ricerca conferma l’influenza esercitata dalla comfort zone «familiare» e dalla posizione del punto di ancoraggio (residenza dell’incendiario) sulla mobilità criminale durante la selezione di un obiettivo.
Dall’ipotesi circolare ai sistemi professionali di Geographic Profiling
Dall’assunto secondo cui gli autori dei crimini iniziano i loro spostamenti criminosi da una base fissa e le persone sono condizionate dall’effetto del “minor sforzo” e dalle attività routinarie, è stato sviluppato da Canter (1993;1994) un modello geografico per analizzare il comportamento spaziale dell’autore di reato definito ipotesi circolare, un’area delimitata da una circonferenza il cui diametro è ottenuto dalla distanza delle scene del crimine più lontane. Lo studio effettuato su quarantacinque stupratori seriali londinesi ha rilevato che 39 aggressori (oltre 80% degli autori) vivevano all’interno del cerchio e il 91% (41 aggressori) ha localizzato gli obiettivi all’interno della regione circolare. Da questo modello è nata la tipologia spaziale:
- marauder (residente), criminale che utilizza la propria area di residenza come centro intorno al quale svilupperà l’attività predatoria;
- commuter (pendolare), che commetterà il reato dopo essersi allontanato sufficientemente dal luogo in cui risiede.
Ad oggi, per poter realizzare una predizione investigativa più efficiente, sono stati sviluppati, su assunti criminologici e spaziali, avanzati sistemi quantitativi di supporto alle indagini che consentono di delimitare con una certa probabilità l’area di residenza del serialista. In Italia, negli ambienti di ricerca e di analisi di geographic profiling su specifici reati, l’autore di questo articolo adotta un approccio computazionale per generare, dopo l’analisi investigativa della scena geografica del crimine, un’area di probabilità elaborata dall’algoritmo “Criminal Geographic Targeting” (CGT) di Rossmo (1995; 2000; 2008), ed utilizza costantemente, in certe condizioni metodologiche, l’avanzato sistema professionale di geographic profiling Rigel di Ecri, che esamina la relazione tra gli spostamenti del reo e la probabilità di commettere un reato nonché determina la possibile area del punto di ancoraggio dell’autore di reato attraverso la produzione del profilo geografico criminale.
Riproduzione riservata
Note sull'autore
Domingo Magliocca è Geographic Profiling Advisor, responsabile dell'Unità Specialistica di Ricerca GOP - Geographic Offender Profiling dell'Istituto di Scienze Forensi e docente di Criminologia applicata e tecniche investigative al Polo Universitario ISF Corporate University.
Bibliografia
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