L'alessitimia di Alessia Pifferi

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L'alessitimia di Alessia Pifferi

ISF Istituto di Scienze Forensi
Pubblicato da ISF Magazine in Psicologia e Neuroscienze · Mercoledì 20 Mar 2024
Tags: alessiapifferialessitimia
Autore: dr.ssa Martina PENAZZO
Istituto di Scienze Forensi Centro di Ricerca

Una personalità incapace di riconoscere, distinguere ed esprimere emozioni e sentimenti”, questo è quanto emerso dalla perizia psichiatrica disposta dalla Corte d’Assise di Milano e firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo, in merito ad Alessia Pifferi, la 38enne accusata di omicidio volontario aggravato per il decesso della figlia di diciotto mesi Diana, abbandonata da sola a casa per una settimana e morta di stenti nel luglio del 2022.
Ciò che emerge da tale perizia, è che la Pifferi possa presentare una condizione denominata alessitimia. Nel campo della psicologia, l'alessitimia rappresenta una condizione emotiva caratterizzata dalla difficoltà di riconoscere, esprimere e descrivere le proprie emozioni, che coinvolge sia la sfera emotiva che cognitiva e può avere importanti implicazioni nella vita quotidiana di chi ne è affetto.
Risulta importante sottolineare come questa condizione non rappresenta un disturbo vero e proprio, in quanto assente anche dal DSM V[1], bensì è assimilabile ad uno stato psicologico in cui il soggetto non riesce a comprendere ed elaborare le proprie emozioni in modo cosciente e funzionale; sarebbe più opportuno parlare, dunque, di analfabetismo emotivo, piuttosto che di disturbo.
Tale condizione potrebbe anche essere correlata a comportamenti antisociali e violenti, infatti, svariati studi hanno evidenziato che individui affetti da alessitimia tendono ad avere una minore capacità di empatia e una maggiore propensione a reagire in modo impulsivo e aggressivo. Tuttavia, è importante sottolineare che l'alessitimia non può essere considerata come una causa diretta di crimini violenti, ma piuttosto come un fattore che potrebbe contribuire alla predisposizione verso tali comportamenti. La comprensione di questa relazione può fornire importanti informazioni per la prevenzione e la gestione dei comportamenti criminali.
Nel caso specifico preso in analisi, dalla perizia psichiatrica svolta sulla Pifferi si legge: “ha vissuto il proprio contesto familiare e sociale di appartenenza come affettivamente deprivante”, e tale condizione l'avrebbe portata ad avere "una visione del mondo e uno stile di vita caratterizzati da un’immagine di sé come ragazza e poi donna dipendente dagli altri (e in particolare dagli uomini) per condurre la propria esistenza".
Questa, secondo il perito, è la ragione per cui ha quindi sviluppato un funzionamento di personalità che sarebbe caratterizzato da alessitimia.
Nella perizia, è stato poi spiegato come la Pifferi, al momento del fatto, "ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana e ha anche adottato ‘un'intelligenza di condotta' viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse che richiedevano rassicurazioni sulla collocazione della bambina".
Alla luce di queste affermazioni, il perito ha spiegato che l'imputata, nonostante presenti una condizione psicologica caratterizzata da alessitimia, è capace di partecipare "coscientemente al processo" e che, al momento dei fatti, fosse capace di intendere e di volere.

Riproduzione riservata


Note
[1] Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali
 
 


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