Modellazione criminale, luoghi e “scena geografica del crimine”
Pubblicato da ISF Magazine in Criminologia · Mercoledì 15 Nov 2023
Tags: scena, geografica, crimine, modellazione, criminale
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Autore: dr. Domingo MAGLIOCCA
Geographic Profiling Analyst certificato e docente di Criminologia applicata all'ISF Corporate University
1. Introduzione
Cosa è un crime pattern? Come è possibile analizzare un modello criminale, in rapporto ai luoghi in cui si verifica una serie di eventi delittuosi? Questo articolo, partendo dal concetto di modellazione criminale e dall’assunto che un luogo non è mai un mero punto nello spazio, si focalizza sul significato che i luoghi del crimine hanno nell’ambito di una specifica tecnica investigativa denominata geographic profiling e sulla «scena geografica del crimine», intesa come criterio pratico di analisi dello scenario geo-grafico dei reati commessi da un serialista.
2. Modellazione criminale
Secondo l’International Association of Crime Analysts (IACA, 2017), un crime pattern è rappresentato da un gruppo di due o più crimini denunciati o scoperti dalle agenzie di controllo, che denotano unicità poiché soddisfano le seguenti condizioni:
- condividono almeno una similarità rispetto alla tipologia del reato, al comportamento degli autori di reato o delle vittime, alle caratteristiche del reo, delle vittime o degli obiettivi, ai beni sottratti ed ai luoghi del crimine;
- non esiste alcuna relazione nota tra vittima e reo (rapporto estraneo con estraneo);
- le comunanze condivise rendono l’insieme dei reati unico e distinto rispetto alle altre attività criminose che si verificano nello stesso intervallo generale di tempo;
- l’attività criminosa è tipicamente di durata limitata, variabile da settimane a mesi;
- l’insieme dei reati connessi è trattato come un’unità di analisi ed è affrontato attraverso modalità mirate di sforzi e tattiche investigative.
Specialmente nei crimini seriali è possibile constatare la presenza di un pattern, di una modellazione comportamentale, spaziale e temporale. È stato osservato che gran parte degli autori di crimini violenti agisce spazialmente secondo una modellazione individuabile e tende a spostarsi relativamente vicino alla propria abitazione o attorno alle ancore geografiche delle loro normali attività quotidiane (Deslauriers-Varin, Beauregard, 2013).
Quindi, un “modello”, che si sviluppa all’interno di una interconnettività completa fra luoghi, oggetti presenti ed azioni, agevolerebbe, dopo essere stato decodificato, la comprensione della dinamica del delitto ed anche l’individuazione dell’autore di reato. In effetti, come è stato più volte rilevato, ciò che avremo sempre in ogni evento criminoso, anche in assenza di una evidenza o traccia criminalistica utile alle indagini, è l’intreccio criminologico ed investigativo Persone - Luoghi - Tempo (Magliocca, 2021), il collegamento tra la dimensione comportamentale del reo e gli aspetti temporali e spaziali dei reati.
Esistono sette tipi comuni di modellazioni criminali - crime patterns: series, spree, hot prey, hot product, hot spot, hot place, hot setting.[1]
L’analisi dei modelli criminali ha maggiore efficacia nei crimini in cui si rileva un’elevata possibilità di recidiva. Per lo scopo di questo articolo, la nostra attenzione è rivolta al crime pattern series, ovvero alle modellazioni generate da autori, singoli o che agiscono in gruppo, che commettono crimini simili, in serie, in un determinato contesto geo-grafico.
In ogni crime pattern esiste almeno un criminale all’azione, i crimini in una modellazione si verificano in un luogo o in più siti connessi, in un certo momento (Osborne, 2023). Pertanto, anche l’analisi delle modellazioni temporali è importante in quanto consente di rilevare la regolarità del fenomeno, come si muove l’autore del reato nello spazio ma anche nel tempo.
Il modello è casuale o insolito per quella zona? Vi è una anomalia spazio-temporale e da cosa è generata? Quindi, la geo-grafica di una modellazione spaziale criminale, cioè la visibile distribuzione spaziale di eventi criminosi collegati, è essenziale per riconoscere il ruolo del luogo in un modello criminale, per esporre la plausibile spiegazione per cui i crimini si verificano in quel determinato spazio ed individuare il significato dell’interazione tra ambiente, luoghi ed azioni del reo.
Il lavoro dell’analista investigativo è quello di formulare ipotesi per rilevare la presenza di un pattern criminale, comportamentale e spaziale, e fare previsioni riguardo alle caratteristiche dell’autore di reato.
3. Crimine, mappe mentali e luoghi
L’analisi dei modelli criminali deriva dagli approcci della criminologia ambientale, i quali si concentrano sulla distribuzione geografica della criminalità e sulla routine quotidiana delle attività delle persone (anche degli autori di reato). I criminologi ambientali analizzano i luoghi dei reati con l’obiettivo di trovare delle modellazioni rispetto a dove, quando ed a come i delitti si verificano (Brantingham P. & P., 1981b; 1993b).
P. & P. Brantingham (1978; 1981) proposero un modello di selezione dei luoghi del crimine da parte dell’autore di reato, secondo cui l’ambiente trasmette molti segnali, indizi e sequenze di indizi relativi alle sue caratteristiche fisiche, spaziali, culturali, legali e sociali, che, utilizzati dal reo, contribuiscono a supportare la costruzione del processo decisionale ed a stabilizzare uno schema comportamentale in rapporto ai luoghi in cui decide di agire.
I due ricercatori sostengono che il crimine è il risultato di una stretta transazione tra le persone coinvolte nell’evento delittuoso (reo e vittima) con il movimento che esse assumono in un determinato ambiente. Questa interazione è agevolata dalla interconnessione di tre elementi: activity nodes, pathways, edge. Le attività criminose avvengono nel tempo e nello spazio, in un ambiente caratterizzato da nodi di attività, che rappresentano le zone in cui gli individui spendono la maggior parte del loro tempo, da percorsi o collegamenti da e tra i luoghi e da bordi o barriere, sia fisiche che percettive, che incidono sugli spostamenti.
Mentre le vittime e gli obiettivi possono anche essere scelte casualmente, il processo di selezione è geograficamente strutturato all’interno dello spazio di consapevolezza individuale (awareness space), definito come “tutti i luoghi di cui una persona ha una conoscenza superiore al minimo livello anche senza visitarne alcuni” (Clark, 1990), nel quale un criminale ricerca gli obiettivi.
Di conseguenza, l’autore di reato, agendo con un criterio razionale di bilanciamento tra guadagni attesi e di rischi, scansiona l’ambiente e gli obiettivi e, recependo quei segnali ambientali, geografici, spaziali, legali e simbolici che meglio si adattano al suo schema-modello di ricerca e selezione, riconosce un obiettivo appetibile ed il luogo idoneo per l’attacco.
Secondo il modello di selezione di un bersaglio suggerito dai Brantingham (1978; 1981), un reo non ricerca i bersagli in un’intera città, e i crimini si verificano in quelle aree o lungo i percorsi in cui la presenza di un obiettivo idoneo si sovrappone allo spazio di consapevolezza “ristretto” dell’autore del reato.
Lo spazio di consapevolezza personale costituisce una parte della mappa mentale. Di fatto, l’attività spaziale umana è un riflesso della mappa cognitiva individuale dell’ambiente geografico (Lundrigan, Canter, 2001). Per Downs e Stea (1977), una mappa mentale è un’astrazione che racchiude processi cognitivi in grado di raccogliere, archiviare e richiamare le informazioni riguardo all’ambiente spaziale, con il fine di trovare gli oggetti, come arrivarci in modo sicuro e dove localizzare le nostre attività di base. È una rappresentazione concettuale, organizzata secondo un ordine gerarchico, che una persona possiede di una parte dell’ambiente spaziale, delle destinazioni, dei percorsi e dei luoghi, e riproduce l’ambiente come un individuo crede che sia, non necessariamente dettagliato, a causa di possibili distorsioni cognitive.
Una mappa mentale non indica inevitabilmente che un individuo ha una conoscenza particolareggiata dell’area ma che ha un’immagine cognitiva della geografia di un’area specifica, la quale media il comportamento e gli consente di orientarsi nello spazio e nel tempo.
Le mappe mentali sono molto personali in quanto l’informazione spaziale è distorta dall’esperienza, dalle qualità e dalle capacità sensoriali personali. Tuttavia, Lynch (1960) individuò alcuni costituenti comuni di una mappa cognitiva e rilevò che l’immagine dell’ambiente si basa su determinati elementi (percorsi, margini, quartieri, nodi, riferimenti), i quali definiscono la figurabilità (le qualità che rendono uno spazio distinguibile, riconoscibile e funzionale) della forma e su tali elementi un individuo costruisce la struttura della sua mappa mentale.
La configurazione della mappa cognitiva dipende in larga misura, ma non esclusivamente, dalla cognizione dei luoghi, spaziale, geografica ed ambientale dell’individuo in quanto “gli ambienti forniscono sempre molte informazioni che possono essere processate” (Canter, 1977, p. 10). Se non si dispone di un pattern mentale che ci guidi o di una mappa mentale ben formata, molto probabilmente sperimenteremo difficoltà a orientarci in ambienti non familiari. Al di là dell’età, delle caratteristiche personali e sociali dell’individuo, solamente l’esperienza e la consapevolezza personale dei luoghi, prossimi e lontani, e le credenze su di essi ci consentono di configurare spazialmente la nostra mappa mentale. La mappa mentale, servendo come un quadro spaziale-geografico di riferimento, agisce sulla selezione del luogo del crimine, che non potrebbe essere altrimenti osservato ed individuato se il reo non ne avesse prima avuto conoscenza (Magliocca, 2020a).
Secondo la prima regola della geografia di Waldo Tobler “tutto è legato a tutto il resto, ma le cose vicine sono più legate tra loro rispetto alle cose lontane”[2]. Di conseguenza, in via generale, i luoghi vicini sono preferiti ai siti distanti in quanto in quei luoghi riconosciamo le opportunità e le utilità, a meno che non si dispongano di informazioni spaziali precise sul luogo più lontano, che impegna tempo e sforzi per essere raggiunto. I movimenti che si protraggono su lunghe distanze rappresentano un’azione incerta e l’insicurezza genera preoccupazione e paura (Downs, Stea, 1977).
David Canter (1977, p. 1) afferma che “Se vogliamo comprendere le risposte delle persone ai luoghi e le loro azioni al loro interno, è necessario capire cosa (e come) pensano”, riguardo a quei stessi luoghi. Per Canter, un luogo è l’associazione di tre elementi: le azioni, la forma fisica di quell’ambientazione e le concettualizzazioni associate alle attività in quel contesto. Il significato di un luogo è definito dalle azioni e dai comportamenti tenuti in quel luogo, le quali, di conseguenza, sono influenzate dalle valutazioni e dalle concezioni che l’individuo (autore di reato) ha riguardo alle caratteristiche del sito ed alla posizione in cui si trova, in rapporto ai luoghi.
Nelle nostre attività quotidiane, ci sono luoghi importanti (residenza, scuole, centri commerciali locali, abitazione di amici, strade, spiagge, ristoranti, parcheggi) che usiamo, che dobbiamo conoscere e rappresentare mentalmente perché ci aiutano a comprendere la componente spaziale del nostro ambiente e, pertanto, abbiamo la necessità di sapere l’ubicazione di questi luoghi, quanto sono lontani, cosa c’è, quanto sono utili ai nostri scopi e come raggiungerli (Downs, Stea 1977, p. 7). All’interno delle città o di un ambiente, siamo consapevoli delle differenze tra le varie aree. Esiste una gerarchia concettuale dei luoghi, che è parte integrante della nostra esperienza individuale (Canter, 1977). Se proviamo a dire a qualcuno come si sente o si riconosce riguardo a determinati luoghi, se descriviamo il nostro comportamento all’interno di una certa zona, e se realizziamo una mappa di quella zona, noteremo che esiste, nella rappresentazione interiore di quei luoghi e successivamente nella collocazione grafica, una relazione gerarchica tra questi siti, alcuni dei quali occupano, all’interno della nostra conoscenza spaziale e personale, una posizione dominante, per diverse ragioni, rispetto agli altri. Quindi, certi luoghi restituiscono rilevanti informazioni spaziali, le quali sono rielaborate dal nostro sistema cognitivo per un successivo recupero e riutilizzo, e sembrano avere delle funzioni specifiche e categorie di comportamenti appropriate per quel setting ambientale. Le persone creano l’ambiente in cui agiscono poiché seguono un modello cognitivo, che diviene la base di come esse si rapportano all’interno e tra quel territorio (Donald, 2022).
Pertanto, anche un autore di reato svilupperebbe valutazioni spaziali tratte dalla esperienza umana, regolate da una gerarchia di comfort in relazione ai luoghi ed all’ambiente dove delinque ed in cui non esistono forti barriere, fisiche e sociali, in grado di incidere negativamente sul suo sistema cognitivo a tal punto da essere percepite come limitative dei movimenti.
Gli studi della “criminologia dei luoghi” dimostrano che il comportamento delittuoso è influenzato dall’ambiente circostante in cui esso si genera e che gli eventi criminosi non sono distribuiti accidentalmente nello spazio e nel tempo (Wortley, Mazerolle, 2008). Ad esempio, nella Routine Activity Theory (Cohen, Felson, 1979), un evento criminoso si verifica quando un delinquente motivato e un bersaglio idoneo convergono nel tempo e nello spazio, in un luogo distinto e identificato. Come abbiamo già visto, per P. & P. Brantingham (1981) gli eventi criminali si verificano prevalentemente in luoghi, in aree bersaglio situate nei nodi di attività e nei percorsi tra di loro. Questi approcci teorici fanno riferimento ad un luogo/sito specifico e non ad un’intera area. Da tali assunti deriva la pratica necessità di analizzare la scena geografica del crimine prendendo in esame anche i luoghi specifici delle offese.
Da un punto di vista criminologico, esiste un settore areale, un territorio distinto attorno alla residenza dell’autore di reato e/o a determinati luoghi, considerati ancore geografiche vicino alle quali il reo costruisce, all’interno di uno scenario geografico ed ambientale, un determinato spazio per l’attività criminosa e gestisce anche la sua mobilità. In questo sfondo, un autore di reato attribuisce ai luoghi specifiche esperienze, ruoli e/o regole che fungono da filtri per creare un ambiente in cui si sente logisticamente “comodo” durante l’esecuzione dei crimini.
Il movimento sembrerebbe modellato e sussisterebbe una distorsione spaziale che si traduce, in un autore di reato, nella preferenza per spostamenti brevi rispetto a quelli più lunghi (P. & P. Brantingham, 1984, p. 237). Infatti, sebbene esista una percentuale di autori di reato che si sposta lontano, è stato rilevato un riscontro empirico secondo cui l’attività criminosa decresce con l’aumentare della distanza tra i luoghi del crimine ed il punto di ancoraggio del reo, secondo il principio di decadimento della distanza (Rengert et al., 1999). La maggiore densità di interazioni in prossimità dell’abitazione dell’individuo e/o delle ancore geografiche è il risultato della conoscenza ambientale, dell’esperienza in quella medesima zona, e della minimizzazione del rischio (principio del minor sforzo, Zipf, 1965).
Lundrigan e Canter (2001) hanno osservato le modalità di smaltimento dei corpi delle vittime degli assassini seriali. Dopo aver esaminato i dati spaziali di 120 serial killer statunitensi, hanno rilevato che la base di residenza degli autori del reato assumeva un ruolo centrale nella modellazione spaziale dei luoghi utilizzati per il deposito dei corpi delle vittime e che erano presenti cambiamenti di direzione da parte del reo per i differenti siti di smaltimento utilizzati. Per i due ricercatori, questo cambiamento di direzione nella selezione dei siti del crimine avrebbe un significato nei processi concettuali del reo. In effetti, il primo sito di smaltimento è molto probabile che sia ubicato in un luogo di cui il reo ha familiarità, dove sa di poter muoversi in sicurezza. Al successivo evento criminoso, l’autore del reato potrebbe considerare il primo sito come rischioso, quindi sceglie di spostarsi in una direzione diversa. E così via con gli altri luoghi. Ad un certo punto, con il prolungarsi della serie criminosa e con l’utilizzo del medesimo spazio geografico, per ridurre il rischio di essere catturato il reo ritornerebbe nelle aree precedentemente utilizzate, in prossimità dei luoghi dove vive. Inoltre, sempre secondo Lundrigan e Canter, per gli offenders che hanno operato su una distanza più ampia (oltre i 30 km), la home-base, anche se continua ad avere un ruolo importante nell’influenzare la scelta del sito di smaltimento, non assume la stessa consistenza per i rei che agiscono su distanze inferiori ai 10 km, per i quali mantiene, invece, un ruolo spaziale più forte.
Seppur gli autori di reato tendono a seguire uno schema di ricerca e di selezione che, per quanto stabile si presenti, può subire modifiche in ragione anche delle categorie di crimine perpetrato (crimini violenti/crimini contro la proprietà), indicativamente la zona delle operazioni del reo sarà quella nei pressi del proprio punto di ancoraggio o in uno spazio noto, in un’area conosciuta in cui si sente più tranquillo e sicuro di agire.
È pacifico, quindi, ritenere che un luogo in genere, ed in particolare la scena di un crimine all’interno di una modellazione geo-grafica criminale, supera il semplice concetto di fisicità, di mero punto nello spazio fisico. E se l’esperienza individuale e la consapevolezza dei luoghi e dell’ambiente modellano il comportamento, se esiste un ruolo spaziale centrale della home-base che “interviene” sugli spostamenti e sulle distanze percorse da un autore di reato, potremo certamente rilevare che il modo in cui un crimine è stato commesso, che il luogo e lo scenario ambientale degli eventi offensivi possono fornire informazioni riguardo all’autore di reato, localizzandolo, ed essere utilizzati per supportare le indagini attraverso l’analisi della «scena geografica del crimine» ed il geographic profiling.
4. La "scena geografica del crimine"
La geo-grafica del crimine, cioè la visibile distribuzione spaziale degli eventi criminosi, può mettere in luce elementi apprezzabili dal punto di vista investigativo per individuare l’area in cui concentrare le investigazioni. La posizione dell’evento delittuoso costituisce una rilevante fonte di informazioni per le indagini. Il crimine ha una geografia intrinseca ed i rei si rivelano anche tramite l’ubicazione dei luoghi in cui commettono i reati.
Nei contesti criminosi, specialmente seriali, oltre al necessario esame criminalistico della scena del crimine, diviene utile eseguire un sopralluogo criminologico sulla "scena geografica del crimine" (Magliocca, 2020a-b).
Nell’investigazione geografica di crimini seriali o di singoli eventi delittuosi con siti connessi, multipli e geograficamente disposti, le tecniche di geographic profiling si incentrano sull’analisi della scena geografica del crimine, “ambiente” delineato come un “sistema strutturato di posizioni” all’interno dello scenario geografico dei crimini perpetrati, formato da un livello duale di partizione (Magliocca, 2022a, 2023):
livello particolare
- il singolo sito criminoso corrispondente alla specifica unità geografica dell’ambiente in cui l’evento offensivo si è verificato (luogo chiuso, all’aperto, in zona urbana, in prossimità a posti frequentati o generatori di crimini, zonizzazione specifica)
- le ubicazioni di tutti i siti coinvolti nel crimine, qualora siano conosciuti dalle agenzie di controllo (es., luogo dove la vittima è stata vista per l’ultima volta, luogo di abbandono di un veicolo, di acquisto di strumenti di offesa collegati al crimine principale) e/o le posizioni delle offese seriali, intese come struttura geografica generale dei luoghi degli eventi in rapporto alle azioni degli attori (reo/vittima, autore/obiettivo), al significato-valore ambientale e alle qualità fisiche dei luoghi: il contesto sociale, demografico ed economico dello scenario criminoso, la presenza di barriere fisiche (laghi, mare, montagne) o psicologiche (inopportunità di attraversare un quartiere abitato da un gruppo etnico differente dal proprio per non destare sospetti, presenza di una stazione di polizia), la struttura del sistema stradale (strade cittadine, autostrada, strade extraurbane), gli hub di trasporto, le direzioni delle vittime e del reo dopo il crimine, il tempo di commissione dei delitti, le caratteristiche di sfondo dell’ambiente entro cui si muovono le vittime o sono collocati i bersagli, i fattori di rischio connessi.
L’analisi dei luoghi specifici dei crimini produce maggiori livelli di specificità geografica. Nei contesti criminologici ed investigativi, le località dei crimini vengono solitamente raffigurate in aggregazioni, le quali, però, se utilizzate per spiegare relazioni individuali o di livello “particolare”, generano distorsioni concettuali nella valutazione delle correlazioni fra persone e luoghi.
Ai fini di un’adeguata analisi del caso, la suddivisione in livello particolare e livello generale è essenziale perché la differenziazione e le variazioni qualitative tra gli spazi generano previsioni e scenari diversificati. Praticamente, l’aggregazione spaziale dei dati criminali può mascherare un pattern localizzato e ostacolare l’individuazione delle variabili qualitative individuali e specifiche dei siti criminosi.
Pertanto, il problema del livello aggregato o “generale” di analisi può essere affrontato con la scomposizione in sub-unità. Infatti, i luoghi (del crimine) sono distinte e specifiche unità di analisi, hanno una collocazione ben definita, sono entità geografiche e circoscrizioni fisiche con proprie caratteristiche, distribuite all’interno di un contesto territoriale più esteso, articolato da un insieme ampio ed eterogeneo di legami e di proprietà spaziali, ambientali, temporali, fisiche e sociali nonché contrassegnato da geo-diversità criminale.
Indirizzare l’attenzione, spaziale e geo-grafica, anche sui singoli luoghi del crimine ovvero micro-luoghi in una modellazione criminale rinforza il rilevamento della mobilità del reo, delle qualità criminogene dei medesimi luoghi e della loro relazione con la serie completa dei crimini.
Le interrelazioni geografiche ed ambientali tra i diversi luoghi del crimine, le quali denotano lo spostamento dell’aggressore da un sito all’altro, forgiano le valutazioni riguardo alla scena geografica del crimine, che, quindi, divenire un pratico criterio di analisi per formulare, in tutte quelle situazioni criminose che implicano scene del crimine spazialmente dislocate, le inferenze criminologiche circa il significato delle posizioni dei luoghi nel contesto criminoso e la spazialità del reo.
Ogni indizio spaziale, geografico, ambientale e temporale degli eventi criminosi può essere utilizzato per poter formare un quadro olistico della geo-grafica di un serialista, che non comprende solamente la mera posizione dei siti del crimine. In una serie di aggressioni sessuali, di incendi o di omicidi, il lavoro del profiler geografico consiste nello studiare necessariamente dapprima il comportamento di caccia dell’autore di reato e determinare come quell’individuo sta selezionando i suoi obiettivi, come si muove, come interagisce con lo spazio in accordo con il fattore temporale. Per esempio, in alcuni casi il reo potrebbe utilizzare un’area “esca” per selezionare la vittima - un gruppo di strade in un centro urbano dove il reo gira, aspetta una vittima adatta e poi l’attacca - e tale condizione potrebbe generare un profilo geografico non decisamente pertinente riguardo all’individuazione della posizione della residenza del reo.
Stabilito il concetto di scena geografica del crimine, dunque, è evidente che il geographic profiling, diversamente da come si pensa, non è per niente una metodologia investigativa mediante cui vengono inserite le coordinate degli eventi delittuosi in un sistema computerizzato.
5. Il Geographic Profiling
Una delle applicazioni più conosciute delle teorie della criminologia dei luoghi è il geographic profiling, metodologia investigativa che mira ad esaminare le dinamiche criminali, spaziali e comportamentali, in un crimine seriale.
Il geographic profiling è il metodo investigativo specializzato, di estrazione criminologica, qualitativo e quantitativo, che contribuisce, tramite lo studio delle informazioni temporali e geografiche degli eventi offensivi seriali, a delimitare un’area geografica in cui concentrare le ricerche dell’autore di reato sconosciuto, in particolare dove l’autore del reato potrebbe avere la sua base (Rossmo 2000, 2005, 2016).
Il geographic profiling è utilizzato nei crimini seriali come l’omicidio seriale, lo stupro, l’incendio doloso, le rapine. L’attenzione è rivolta ai crimini più gravi, ma il profiling geografico interviene anche nelle investigazioni sui crimini seriali contro la proprietà (Miller, 2003). Tuttavia, la profilazione geografica può essere utilizzata anche per i reati non seriali che coinvolgono più scene/luoghi del crimine, collegate allo stesso evento.
Il profiling geografico è uno strumento utile nella pratica della polizia investigativa per la comprensione dei modelli dei criminali seriali secondo una prospettiva geografica organizzata, per dare priorità a un elenco di potenziali autori di reato.
Secondo il punto di vista di questo autore, il geographic profiling si colloca al di sopra del crime mapping, utilizzato specialmente negli ambiti preventivi della sicurezza urbana, o della semplice mappatura spaziale.
In Italia, negli ambienti di ricerca e di analisi di geographic profiling su specifici reati, questo autore adotta un approccio computazionale per generare, dopo l’analisi investigativa della scena geografica del crimine, un’area di probabilità elaborata dall’algoritmo “Criminal Geographic Targeting” (CGT) di Rossmo (2000), ed utilizza costantemente il sistema professionale di geographic profiling Rigel di Ecri, che esamina la relazione tra gli spostamenti del reo e la probabilità di commettere un reato nonché determina la possibile area del punto di ancoraggio dell’autore di reato attraverso la produzione del profilo geografico criminale.
Il successo del risultato finale generato da Rigel viene misurato con la percentuale di hit score. In pratica, si misura l’area di caccia dell’autore del reato, in particolare la percentuale di picco dell’area di caccia in cui, secondo l’analisi, dovrebbe essere localizzata la home-base del reo. Ad esempio, se dal profilo si rileva che l’area di caccia è di 100 chilometri quadrati, questo spazio indica l’estensione dell’area in cui l’autore del reato sta agendo. Se emerge una previsione secondo cui sarebbe possibile localizzare la home base del reo nel 10% della zona di picco dell’area di caccia, ciò significa che su 100 chilometri quadrati è possibile localizzare l’autore del reato in una zona di picco di 10 chilometri quadrati. Secondo i maggiori esperti profiler geografici un valore di hit score inferiore al 15% è soddisfacente (in Konable, 2003).
Rigel è uno strumento che non sostituisce l’indagine. L’informazione è valutata dall’investigatore. Il sistema automatizza processi di analisi matematici, statistici e spaziali, evitando che l’analista sottragga tempo alle indagini. Lo scopo di Rigel è quello di aiutare a focalizzare e indirizzare l’indagine, consentendo alle agenzie di controllo di impiegare le risorse investigative in modo più efficace (Miller, 2003).
Prima di operare con il sistema professionale di profiling geografico, all’analista spetta il compito di esaminare la scena geografica del crimine.
6. Conclusioni
La tecnica del Geographic Profiling contribuisce a dare un valore investigativo alla modellazione spaziale dell’autore di reato ed ai luoghi del crimine con la precipua finalità di poter individuare la probabile area del punto di ancoraggio dell’offender.
L’aspetto geografico applicato all’investigazione, lo studio dei pattern criminali e la criminologia dei luoghi sono ormai strumenti al servizio dell’attività di profiling criminale, comportamentale e geografica. Tuttavia, quando si costruisce un profilo criminale, un profondo interesse per le motivazioni interiori o intrapsichiche dell’autore di reato può essere pericoloso perché rischia di creare, a volte, una storyline investigativa fuorviante. Invece, nella realizzazione del profilo geografico, è pur vero che l’ambiente influenza le azioni e la spazialità dell’autore del reato, ma le valutazioni investigative circa il reo saranno “ambientali” e, strutturalmente, più oggettive e coerenti.
Domingo Magliocca è lecturer presso l’Istituto di Scienze Forensi Corporate University di Milano, laureato in Criminologia Applicata per l’Investigazione e la Sicurezza presso l’Università degli Studi di Bologna - Polo universitario di Forlì, Geographic Profiling Advisor con un training avanzato in geographic profiling analysis nelle investigazioni su specifici crimini seriali.
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Note
[1] Per completezza espositiva si rimanda alla lettura del documento: https://www.iadlest.org/Portals/0/Files/Documents/DDACTS/Webinars/Automation/Lessons/CRIME%20PATTERN%20DEFS_IACA.pdf?ver=SWBnC2STwP-bH4HfyRVOQA%3D%3D
[2] https://gisgeography.com/tobler-first-law-of-geography/