Il cervello psicopatico

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Il cervello psicopatico

ISF Istituto di Scienze Forensi
Pubblicato da ISF Magazine in Psicologia e Neuroscienze · Sabato 02 Dic 2023
Tags: cervellopsicopatia
Autore: prof. Massimo BLANCO
Istituto di Scienze Forensi

Premessa
Il termine "psicopatia" è usato comunemente per descrivere una personalità patologica caratterizzata da impulsività, mancanza di rispetto per le leggi e le norme sociali, scarsa emotività, assenza di empatia, comportamenti manipolatori verso gli altri ecc. Tuttavia, nel DSM 5, il Manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali, si fa riferimento alla psicopatia solo come sinonimo del disturbo antisociale di personalità.
Ciò premesso, la psicopatia può essere considerata l'espressione più severa del disturbo antisociale di personalità e la ricerca neuroscientifica, da molti anni, si è concentrata sullo studio del cervello di soggetti affetti da personalità psicopatica. Pertanto, in questo articolo esploreremo in generale le caratteristiche della personalità antisociale e utilizzeremo il termine "psicopatia" riferendoci a soggetti con grave disturbo antisociale di personalità sui quali sono stati condotti studi neuroscientifici.  

Il disturbo antisociale di personalità: una patologia complessa
Il disturbo antisociale di personalità, nonostante sia spesso associato alla criminalità, non è necessariamente legato a comportamenti violenti o illegali. Infatti, i tratti distintivi che lo caratterizzano, come l'incapacità di provare empatia, la mancanza di rimorso o senso di colpa, l'impulsività e l'egocentrismo possono variare anche notevolmente da caso a caso.
Le cause di questo disturbo, come le cause degli altri disturbi di personalità, non sono ancora ben note, anche se la statistica dimostra che concorrono all'insorgenza della psicopatologia sia fattori genetici e biologici, sia fattori sociali e ambientali. Dal punto di vista biologico, la ricerca neuroscientifica condotta sui casi più severi affetti da personalità antisociale, ovvero i soggetti psicopatici, ha individuato disfunzioni cerebrali specifiche che coinvolgono circuiti neurali importanti per la regolazione delle emozioni e del comportamento.
In relazione alla diagnosi di disturbo antisociale di personalità, si rende necessaria un'accurata valutazione clinica che può richiedere anche diverso tempo per evitare di confondere il disturbo in questione con altre psicopatologie aventi caratteristiche simili (diagnosi differenziale). Tuttavia, il fattore tempo è determinante, in quanto l'individuazione precoce del disturbo risulta fondamentale per prevenire eventuali conseguenze negative sul piano sociale e legale per il soggetto che ne è affetto. Alle problematiche appena citate si aggiunge la circostanza che la diagnosi di disturbo antisociale di personalità rimane ancora oggi un tema abbastanza controverso tra gli esperti del settore, poiché alcuni ritengono che i tratti della personalità antisociale possano essere presenti anche in persone che non hanno particolari problemi socio-relazionali. Tuttavia, resta il fatto che situazioni sociali o ambientali assai stressanti o lunghi periodi di sovraccarico emotivo, potrebbero far affiorare i lati più "taglienti" di un soggetto che manifesta tratti evidenti della patologia.
In ogni caso, il disturbo antisociale di personalità, soprattutto nella sua manifestazione più severa, cioè la psicopatia, rappresenta una sfida per la ricerca scientifica e per la pratica clinica, perché non esiste, come per molte altre psicopatologie, una terapia specifica. Infatti, le attuali strategie terapeutiche possono aiutare il paziente, nonché le persone a lui più vicine, solo sulla gestione dei sintomi e sul miglioramento della qualità della vita.

Le caratteristiche della personalità antisociale
Le caratteristiche della personalità antisociale sono molteplici e spesso difficili da individuare. I soggetti affetti da questa patologia, soprattutto nei casi più gravi, presentano carenza di empatia e di remora nel commettere azioni dannose o immorali nei confronti degli altri. La manipolazione e la menzogna sono strumenti utilizzati con disinvoltura, insieme alla capacità di mimetizzarsi e adattarsi alle situazioni sociali per trarne vantaggi personali. L'egocentrismo, unito alla tendenza ad agire in modo impulsivo e senza curarsi delle conseguenze, sono caratteristiche centrali della personalità antisociale. Inoltre, i soggetti affetti da disturbo antisociale di personalità sono incapaci di provare emozioni intense, come l’innamoramento o il rimorso, e le loro relazioni interpersonali risultano superficiali e basate esclusivamente sui vantaggi che essi possono trarre dalle persone con cui interagiscono. Il comportamento estremamente violento è una caratteristica che accomuna le personalità antisociali nei casi più gravi, ovvero le personalità psicopatiche.
È importante sottolineare che non tutti i comportamenti fin qui descritti devono necessariamente essere presenti in un soggetto affetto da disturbo antisociale di personalità, ma la compresenza di alcuni di essi deve quantomeno far sospettare la patologia.

I circuiti cerebrali studiati e coinvolti nella psicopatia: i lobi frontali
La psicopatia, cioè il disturbo antisociale di personalità grave, coinvolge diversi circuiti cerebrali. In particolare, diversi studi hanno evidenziato una ridotta attivazione dei lobi frontali del cervello, nello specifico della corteccia prefrontale (PFC), che produce deficit riguardanti l’elaborazione delle emozioni e i processi decisionali, nonché disfunzioni comportamentali sia sul piano sociale che morale (Damasio, 1994 e 1996). Famosissimo è il caso di Phineas Gage, un caposquadra delle ferrovie statunitensi che, nel 1848, a causa di una distrazione, rimase vittima di un gravissimo incidente sul lavoro: una sbarra di ferro gli trapassò il volto fuoriuscendo dalla sommità del cranio, asportandogli parte della corteccia prefrontale mediale. Tuttavia, il giovane caposquadra non solo sopravvisse all’incidente, ma non perse mai conoscenza e questo aspetto rappresenta ancora un mistero per la scienza. In seguito, Gage, all’epoca del fatto appena venticinquenne, da persona pacata, affidabile, educata, rispettosa e responsabile, si trasformò in un uomo blasfemo, impulsivo, profano, inaffidabile e non in grado di assumere decisioni ragionevoli, tutti tratti compatibili con il disturbo psicopatico. Studi successivi su pazienti con lesioni alla corteccia prefrontale ventrale hanno evidenziato i medesimi cambiamenti di personalità (Blumer e Benson, 1975). In particolare, le numerose ricerche effettuate in relazione ai danni alla corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC) hanno dimostrato una ridotta eccitazione della stessa verso stimoli emotivi intensi, mutamenti nel giudizio morale e deficit nei processi decisionali, soprattutto di carattere economico, che portano, ad esempio, allo sviluppo di una dipendenza da gioco d’azzardo (Koenigs e Tranel, 2007; Krajbich et al, 2009; Moretti et al., 2009).
La ridotta attività dei lobi frontali è una delle cause della tendenza di alcuni soggetti psicopatici a commettere crimini violenti o di natura impulsiva, a causa della scarsa capacità di autocontrollo e di assumere decisioni razionali e socialmente adeguate.

La corteccia cingolata anteriore
Le ricerche sulla psicopatia suggeriscono il coinvolgimento di un’altra porzione della corteccia prefrontale, la corteccia cingolata anteriore (ACC), che è considerata fondamentale per la modulazione del comportamento cognitivo, sociale e affettivo. Nello specifico, la corteccia cingolata anteriore è strettamente correlata al circuito ricompensa-punizione, al dolore fisico ed emotivo, all’empatia, alla comprensione degli errori commessi e al comportamento sociale in concorso con la corteccia prefrontale ventromediale con la quale ACC è anatomicamente e funzionalmente assai connessa (Carmichael e Price, 1996; Ongur e Price, 2000).

La disfunzione del sistema cerebrale di ricompensa
La disfunzione del sistema cerebrale di ricompensa, quindi del piacere e della gratificazione, è una delle caratteristiche principali della psicopatia. Questo sistema, come si è già visto, è modulato dalla corteccia cingolata anteriore in concorso con la corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC), la quale funge da “freno” a comportamenti inadeguati sia sul piano personale che sociale. Quindi, lo psicopatico, a causa di un funzionamento cerebrale deficitario, adotta comportamenti impulsivi e compulsivi per cercare sensazioni sempre più forti, al fine di raggiungere elevati livelli di appagamento, non curandosi delle conseguenze.
I soggetti psicopatici presentano spesso un'incapacità di provare empatia o rimorso e anche questo potrebbe essere legato alla disfunzione del sistema cerebrale di ricompensa. Inoltre, la disfunzione del sistema di ricompensa modulato dalla corteccia cingolata anteriore sembra essere correlata alla mancanza di risposta alle punizioni, che spesso sono inefficaci nel modificare il comportamento degli psicopatici. Questo deficit potrebbe anche spiegare la tendenza a ricercare stimoli sempre più intensi e rischiosi, come l'abuso di droghe o la guida pericolosa, o a sperimentare esperienze "adrenaliniche" come la commissione di crimini.



In verde la corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC); in giallo la corteccia cingolata anteriore.
Fonte: https://wikidocs.net/215964


Controversie sul ruolo dell’amigdala
Fino ad un decennio fa diversi studi sostenevano che l’amigdala, una struttura neurale del sistema limbico altamente specializzata nella regolazione degli stati psichici emotivi (ansia, paura, gioia, tristezza ecc.) e degli istinti, fosse iperattiva nei pazienti psicopatici e che tale circostanza potesse spiegare la tendenza di tali soggetti a reagire in modo esagerato a stimoli negativi e a mostrare una ridotta capacità di provare empatia verso gli altri. Altri studi sostenevano un volume ridotto dell'amigdala e, quindi, la tendenza degli psicopatici a non provare ansia e paura. Tuttavia, i risultati delle ricerche condotte negli ultimi anni hanno evidenziato che esistono due sottotipi di psicopatia, una primaria e una secondaria. La psicopatia primaria, che potrebbe avere origine genetica, è caratterizzata da bassi livelli di emotività, quindi di ansia, circostanza che rivela una scarsa attivazione dell’amigdala, mentre la psicopatia secondaria è caratterizzata da elevati livelli di ansia in risposta alle avversità (Sethi et al., 2018), condizione che, in questo caso, si può associare a reazioni esagerate verso stimoli negativi.
Questi dati hanno rimesso in discussione l'ipotesi precedente sul ruolo dell'amigdala nei soggetti affetti da psicopatia (Deming et al., 2022).

Prospettive terapeutiche
Le prospettive terapeutiche per il disturbo antisociale di personalità, soprattutto in presenza di forti tratti psicopatici, rappresentano una sfida importante per gli operatori sanitari e i ricercatori. Ad oggi, non esiste una cura definitiva, ma ci sono diverse strategie terapeutiche che possono aiutare a gestire i sintomi e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Una delle principali tecniche utilizzate è la terapia cognitivo-comportamentale, che si concentra sulla gestione degli impulsi e sullo sviluppo di strategie di coping per affrontare le situazioni difficili. Inoltre, è stato proposto l'utilizzo di psicofarmaci come gli antipsicotici e gli antidepressivi per trattare i sintomi, anche se i risultati sono stati finora contrastanti. Altri approcci terapeutici includono la terapia occupazionale e la terapia familiare, che mirano a migliorare le relazioni sociali e la capacità di gestire lo stress. Tuttavia, l'efficacia di queste strategie terapeutiche dipende dalla gravità dei sintomi del paziente e dalla sua disponibilità a collaborare con gli operatori sanitari. Inoltre, è importante sottolineare che il disturbo antisociale di personalità è una patologia complessa e multifattoriale, che richiede un approccio integrato che tenga conto dei fattori biologici, psicologici e ambientali.

Riproduzione riservata


Bibliografia
  • Blumer D., Benson D.F., Personality changes with frontal and temporal lesions, psychiatric aspects of neurological disease, New York, Stratton, 1975.
  • Carmichael S.T., Price J.L., Connectional networks within the orbital and medial prefrontal cortex of macaque monkeys, Journal of Comparative Neurology, 1996;371:179-207.
  • Damasio A.R., L'errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Trad. Macaluso F., Adelphi, Milano, 1995.
  • Deming et al., How reliable are amygdala findings in psychopathy? A systematic review of MRI studies, Neuroscience & Biobehavioral Reviews, Vol. 142, November 2022, 104875.
  • Greco R., Grattagliano I., Utilità diagnostica del disturbo antisociale e psicopatico di personalità. Proposte e revisioni del DSM V, Cognitivismo clinico, 2014, 11, 1, pp. 84-101.
  • Koenigs M, Tranel D., Irrational economic decision-making after ventromedial prefrontal damage: evidence from the Ultimatum Game. Journal of Neuroscience, 2007;27:951-6.
  • Krajbich I., Adolphs R., Tranel D., Denburg N.L., Camerer C.F., Economic games quantify diminished sense of guilt in patients with damage to the prefrontal cortex, Journal of Neuroscience, 2009;29:2188–92.
  • Moretti L., Dragone D., di Pellegrino G., Reward and social valuation deficits following ventromedial prefrontal damage, Journal of Cognitive Neuroscience 2009;21:128-40.
  • Ongur D., Price J.L., The organization of networks within the orbital and medial prefrontal cortex of rats, monkeys and humansù, Cerebral Cortex. 2000; 10:206-19.
  • Sethi et. al., Primary and secondary variants of psychopathy in a volunteer sample are associated with different neurocognitive mechanisms, Biological Psychiatry: Cognitive Neuroscience and Neuroimaging, Volume 3, Issue 12, December 2018, p.p. 1013-1021.


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