La morte di David Rossi: omicidio o suicidio?

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La morte di David Rossi: omicidio o suicidio?

ISF Istituto di Scienze Forensi
Pubblicato da ISF Magazine in Criminologia · Sabato 18 Dic 2021
Autore: dr.ssa Marta Pontiroli - Istituto di Scienze Forensi
Supervisione: dr.ssa Micaela Chiaro e prof. Massimo Blanco - Istituto di Scienze Forensi

Introduzione
Il 6 marzo del 2013 David Rossi, capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, descritto come il braccio destro di Giuseppe Mussari Presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, muore sul selciato del vicolo Monte Pio, sotto la finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni, sede della famosa banca senese. La morte di David Rossi avvenne in un momento a dir poco concitato per il Monte dei Paschi di Siena. Proprio a ridosso degli anni 2007 e 2008 quando si perfezionò l’acquisizione della banca Antonveneta dal gruppo Santander per un costo che comportò l’emissione di prestiti obbligazionari di oltre 16 miliardi di euro e un guadagno di diversi miliardi per il gruppo Santander. In questo contesto, il capo della comunicazione David Rossi viene ritrovato senza vita. Si apre così un’inchiesta contro ignoti affidata al pubblico ministero Nicola Marini, magistrato di turno la notte del 6 marzo. Il corpo presenta diverse contusioni anomale per una persona che ha deciso di togliersi la vita. La telecamera di sorveglianza n. 6 riprende la caduta e la lenta agonia del manager durata almeno 20 minuti. All’interno del video si rilevano altresì la presenza di un veicolo che ostruisce l’accesso e la vista del vicolo, la presenza di persone che entrano nel campo di ripresa e la caduta di un oggetto, probabilmente l’orologio di David, cinque minuti dopo la caduta del Rossi. Considerato quanto sopra, desta non poche perplessità il fatto che gli inquirenti aprirono le indagini per “istigazione al suicidio” ed ancor più preoccupante il modo in cui le indagini vennero poi condotte e concluse.

1. Un suicidio imperfetto
  • 1.1 La notte del 6 marzo 2013
Siena, mercoledì 6 marzo 2013, sono circa le 20,45 quando, dalla sede centrale della Banca Monte dei Paschi di Siena, da mesi al centro di una bufera mediatica e giudiziaria, parte una telefonata al 118. Succede qualcosa di drammatico, di imprevisto, David Rossi, da 7 anni capo della comunicazione dell’istituto di credito, viene ritrovato riverso a terra sotto la finestra del suo ufficio.
Sono esattamente le 19,02 della sera del 6 marzo, Rossi ha appena telefonato alla moglie Antonella per dirle che sta tornando e che, entro mezz’ora, sarebbe arrivato a casa. Qualcosa però va storto. David, a casa non torna perché, solo dopo pochi minuti, il manager cade fuori dalla finestra del suo ufficio. La moglie, allarmata per il ritardo insolito del marito, inizia a preoccuparsi. Si susseguono così una serie di telefonate, la prima alle 19,10, un messaggio e un’altra chiamata ancora alle 19,32. Contemporaneamente a queste, vengono inviati a Rossi altri messaggi ancora tutti senza risposta. Tutto molto strano dal momento che David, essendo un uomo molto preciso, premuroso e attento risponde sempre. La moglie decide così di chiamare alle 19,40 un amico, il capo della segreteria di David, Gian Carlo Filippone.
Appena conclusa la telefonata con la moglie di David, anche lui prova a sua volta a chiamarlo. Quattro squilli alle 19,41 ma anche questa volta nessuna risposta, poi un sms. Filippone, dopo, riceve però una chiamata da David ma non fa in tempo a rispondere. Tranquillizzato dalla telefonata, Filippone decide di avvisare la moglie di David della stessa rassicurandola. Passano ancora venti minuti ma di David ancora nessuna notizia. Dalle 20,00 alle 20,16 i due cercano ancora di mettersi in contatto con Rossi ma senza successo.
La preoccupazione aumenta e Antonella chiede aiuto alla figlia Carolina. Come prima cosa anche la giovane prova a chiamarlo. Alle 20,16 qualcuno accetta la chiamata dal telefono di David ma, dopo appena secondi, la chiamata si interrompe. Alle 20.40, Carolina decide di raggiunge Filippone al Monte dei Paschi. I due entrano insieme in banca e Filippone si dirige nell’ufficio di David ma la porta è chiusa, circostanza assai strana. Quindi, Filippone entra nella stanza e non vedendo l’amico, con cautela, sia affaccia alla finestra spalancata, volge lo sguardo nel vicolo sottostante e vede il cadavere dell’amico. David è morto, si è ucciso. Informa immediatamente Carolina e successivamente, viene data notizia alla moglie di David Antonella. Filippone chiama immediatamente il collega Bernardo Mingrone il quale lo raggiunge insieme al portiere. Sono le 20,41, Mingrone chiama per primo i soccorsi. Subito dopo i due colleghi di David si dirigono nel vicolo. Mingrone si ferma all’inizio della strada, mentre Filippone si avvicina per qualche secondo a David per poi allontanarsi. Dopo circa un’ora giungono sul posto anche i magistrati e il medico legale. Prima ancora di analizzare il punto di caduta e l’ufficio del manager, viene redatto il report in cui viene scritto che si tratta di un suicidio.
  • 1.2. La prima archiviazione
Subito però emergono le prime incongruenze, infatti, la telecamera inquadra David cadere dalla finestra alle 19,43. Chi ha effettuato la telefonata a Filippone? Chi ha risposto alla chiamata di Carolina alle 20,16? Il telefono è rimasto nell’ufficio di David: com’è possibile che sia stato utilizzato se il manager si trovava già riverso nel vicolo da diversi minuti? Alla vista del video compaiono altri elementi che mettono in dubbio l’accaduto. Il quadrante dell’orologio che David ha sempre portato al polso cade dalla finestra 20 minuti dopo di lui. Nulla sembra confermare la dinamica di suicidio. Altre stranezze si riscontrano poi alla vista del corpo. Questo presenta infatti una serie di ematomi sugli arti, graffi sul viso, ferite al torace e allo stomaco, tutti segni incompatibili con la caduta. Il tutto però sembra esser poco rilevante ai fini dell’indagine, tant’è che basta osservare il cadavere ancora sul selciato per certificarne il suicidio. Se fosse davvero un suicidio sarebbe un suicidio assai strano.
Nell’analisi dell’intera vicenda da tenere in considerazione è il ruolo rappresentato da David. Infatti, l’uomo non è un semplice impiegato bensì il responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, un uomo attento e di grande influenza all’interno dell’Istituto bancario. Il suo ruolo prevede la gestione di un budget annuale di diversi milioni di euro finalizzati alle sponsorizzazioni e ai rapporti con importanti attori del panorama mediatico, politico e giudiziario. Inoltre Rossi è l’uomo di fiducia di Giuseppe Mussari, considerato in quegli anni uno degli uomini più potenti di Siena.
  • 1.2.1. La ricostruzione
Ben tre magistrati su quattro della Procura senese sono assegnati al caso di David Rossi. Si tratta di Giuseppe Grosso, Aldo Natalini e Salvatore Nastasi. C’è un cadavere ed è necessario indagare per determinare realmente le cause della morte nonché la dinamica dell’accaduto. L’approccio scientifico-forense, in questi casi, ha come regola quella di vagliare anche l’ipotesi che si tratti di omicidio, in quanto è pressoché impossibile accertare a prima visa un caso di suicidio. Il Dott. Marini, è il primo magistrato ad effettuare i sopralluoghi sulla scena, sia la notte del 6 marzo che la mattina seguente. È lui che si occupa dell’apertura del fascicolo sulla morte di David. Nel fascicolo vengono inseriti i primi documenti redatti quella notte, unitamente alla relazione medica del 118, alla constatazione di decesso e al verbale di sequestro di alcuni oggetti di proprietà del manager, tra cui telefono e computer. Al fascicolo si allegano i verbali di rimozione del cadavere, sommarie informazioni testimoniali del portiere, acquisizione delle immagini derivanti dalle telecamere, ritrovamento di materiale cartaceo nel cestino dell’ufficio, a cui si aggiunge un’annotazione da parte del magistrato Marini che riporta quanto segue: “La volante veniva inviata dove era stato segnalato un avvenuto suicidio. La finestra principale era completamente aperta e i cavi antivolatili sovrastanti alla barra di protezione rotti: ciò a significare che, verosimilmente il suicida si sia seduto sulla predetta barra con la schiena verso l’esterno per poi lasciarsi cadere”. Un’annotazione a dir poco sbrigativa: descrizione del suicidio, suicida e dinamica dell’evento. Il tutto segue con l’annotazione da parte degli agenti giunti sul luogo i quali affermano di aver trovato ad attenderli Mingrone, collega di David, i soccorritori del 118 intenti in una manovra di rianimazione e il colonnello dei Carabinieri mai ascoltato dagli inquirenti come persona informata. Errore particolarmente significativo dal momento che, avendo ovviamente l’alto ufficiale anni di esperienza nei casi di omicidio, avrebbe potuto notare alcuni particolari o avrebbe potuto fornire spunti interessanti per le indagini.
  • 1.2.2. I rilievi tecnici e l’assenza di testimoni
Si procede poi con il sopralluogo da parte dei magistrati all’interno dell’ufficio di David, dove già in precedenza vi si erano recati i colleghi dell’uomo Mingrone, Filippone e il portiere Riccucci, i quali lo avevano chiuso a chiave subito dopo aver visto il corpo di David esanime. I magistrati, però risulta abbiano fatto un’ispezione quanto meno superficiale. Inoltre, dai tabulati telefonici analizzati, solo in un secondo momento, risulta che quella sera il telefono del manager era stato particolarmente attivo dalle 21,59 circa fino alle 22,28 fascia oraria in cui riceve ben due diverse telefonate. In entrambi i casi, qualcuno, che non poteva esser Rossi accetta la chiamata e lascia la comunicazione aperta per qualche secondo. La scientifica entra nell’ufficio per svolgere i rilievi solo alle 00,30 del 7 marzo accompagnata dai magistrati Natalini e Nastasi, mentre il responsabile del fascicolo Nicola Marini si trova nella centrale dei Carabinieri di Siena per interrogare le persone informate sui fatti come Lorenza Bondi, convocata solo perché, a detta del portiere, aveva lasciato la banca dopo le 20,00. La Bondi, che fino a poco prima era stata la vice di Rossi e aveva l’ufficio sullo stesso piano, conferma di esser uscita dalla banca alle 20,05, passando davanti all’ufficio di David e notando luce accesa e porta aperta. Dopo queste affermazioni, i Pm non pongono altre domande in quanto certi, che indagare ulteriormente sia inutile. Si tratta di un suicidio, le indagini non servono come non serve compiere ulteriori rilievi per scavare più a fondo. Non vengono prelevate tracce di DNA né di sangue, di effrazioni o colluttazioni. Secondo i magistrati, non ci sono elementi significativi che possano far pensare ad altro. Tuttavia, da quanto dichiarato dalla Bondi, alle 20,05 la porta dell’ufficio di David era aperta, mentre stando a quanto riferito da Filippone, alle 20,40 la porta era chiusa. Per quanto riguarda il locale dell’ufficio di Rossi nel cestino sono stati ritrovati alcuni fazzoletti di carta sporchi di sangue, ma anche questi, non vengono immediatamente considerati, ma analizzati solo il 14 giugno successivo. Le domande senza risposta però non terminano qui.
  • 1.2.3.   L’autopsia irrilevante e lo studio della dinamica
Dietro l’insistenza della famiglia Rossi, su David viene effettuata un’autopsia che, poi, viene depositata dal medico legale il 5 maggio 2013. Come già precedentemente argomentato, le valutazioni medico legali effettuate subito dopo il decesso del Rossi risultano opinabili. Infatti, il medico legale nominato dalla famiglia di David rileva la mancata annotazione di tutti i segni che normalmente compaiono su un corpo che impatta al suolo come ad esempio la presenza di graffi sulle mani o la perdita di sangue dal naso o dalla bocca. È noto infatti che i soggetti che si suicidano per istinto di sopravvivenza riprendano momentaneamente coscienza e tentino di salvarsi come possibile. Nel caso di David emerge però che lo stesso non ha cercato di appigliarsi dove possibile con mani o piedi. Dal video delle telecamere di sorveglianza, è molto chiaro come l’uomo cada all’indietro in modo pressoché “inanimato”. Nel referto autoptico del primo medico legale non vengono spiegate le lesioni rinvenute sul corpo. Infatti, non si tratta di semplici segni ma di ben tre ematomi, molteplici fratture, ferite al labbro, alla fronte, allo zigomo, all’addome, alle braccia e alla testa. A non destare sospetto infine si aggiungono anche gli strappi sulla camicia in diversi punti, le macchie di sangue e alcune macchie bianche presenti sulle scarpe, sia nella zona del tallone che sulla suola. Secondo il medico legale non vi sono segni compatibili con una possibile aggressione da terzi, bensì unicamente con la dinamica di suicidio. Nella relazione viene riportato che la morte del manager è sopraggiunta in pochi minuti ma, anche in questo caso è sufficiente visionare il video di sorveglianza per rendersi conto che, prima di morire, David è rimasto agonizzante al suolo per circa trenta minuti. Come si spiegano allora tutte quelle ferite? Com’è possibile che David abbia dietro la testa una ferita a forma di V o un profondo segno sul polso di forma circolare compatibile con la cassa dell’orologio? Dal video si vede chiaramente che al momento dell’impatto, David non sbatte le braccia al suolo. Oltretutto, importante ricordare è che la cassa dell’orologio vola fuori dalla finestra successivamente rispetto al corpo. Insomma, un’autopsia del tutto scarna nella sostanza. Per non parlare della dinamica della caduta. Infatti, David cade all’indietro con il viso rivolto al muro e con le braccia e le gambe rivolte verso l’alto come se fosse stato tramortito prima di cadere. Questa ipotesi spiegherebbe molte cose relative alla dinamica della caduta, a partire sia dall’assenza di rotazione del corpo sia dall’assenza di una spinta verso l’esterno. Come ha fatto altrimenti David a lasciarsi cadere all’indietro senza darsi un minimo slancio, precipitando perpendicolarmente al muro e rimanendo immobile durante una caduta di oltre 12 metri? Anche in questo caso la Procura non lo spiega. Così il caso viene archiviato dai Pm come suicidio.
  • 1.2.4. Le perizie di parte e le “falle” dell’indagine
La famiglia non ci sta. Scoperta la richiesta di archiviazione da parte dei Pm Marini e Natalini, l’avvocato di Antonella Tognazzi, moglie di David, provvede a presentare immediatamente l’opposizione. Si tratta di ventiquattro pagine in cui vengono illustrate le numerose anomalie investigative relative alla ricostruzione della dinamica della caduta, della causa di morte, dei numerosi ematomi, dei metodi di acquisizione delle e-mail, delle verifiche delle telefonate e dell’autopsia del primo medico legale. Si tratta di esaminare i fatti, gli elementi concreti e non basarsi solo su ipotesi che non hanno avuto di fatto un seguito.
Con l’opposizione depositata, l’avvocato Goracci allega anche due consulenze di parte: una relazione medico-legale in cui si entra nello specifico dell’autopsia e una relazione tecnica in cui vengono ricostruite le ultime ore di vita di David analizzando le poche immagini recuperate dalle telecamere di sorveglianza che riprendono nel dettaglio gli ultimi metri di volo e lo schianto al suolo, nonché le fotografie dell’ufficio e del vicolo dove viene ritrovato morto il Rossi. Per la cronaca, le analisi forensi, prevedono l’utilizzo di complesse formule fisico-matematiche per le cadute dall’alto e formule chimico-fisiche di laboratorio per l’analisi di indumenti e altri parametri tecnici. Queste portano alla conclusione che vi sono diverse criticità relative alla dinamica del suicidio, alla posizione iniziale di David alla mancanza di segni sulla finestra dalla quale si sarebbe lanciato fino ad arrivare ai segni di sfregamento sulle scarpe. Anche per quanto riguarda il rapporto medico legale, emergono una serie di incongruenze. In primo luogo viene fatto riferimento alla mancanza di risposta del quesito posto dai Pm ovvero le cause di morte. In secondo luogo la mancata analisi delle ben trenta lesioni presenti sul corpo dell’uomo, la maggior parte di esse non giustificata dalla caduta e dall’impatto al suolo come nel caso della ferita a forma di V in zona occipitale in quanto il selciato del vicolo dove ha impattato il corpo non presenta elementi compatibili con la ferita stessa. In entrambe le perizie si ha a che fare con una serie di dubbi a cui nessuno riesce a dare una risposta. Ovviamente, l’opposizione è una totale bocciatura delle indagini condotte dai Pm. Il giudice per le indagini preliminari, accoglie la richiesta di archiviazione esattamente un anno dopo l’accaduto, il 6 marzo 2014. Viene decretato quindi che Rossi si è ucciso. All’interno del testo del Gip risultano però una serie di elementi che presto si dimostreranno errati. In primo luogo l’ora della caduta le 20,15. Soprattutto grazie alle telecamere è evidente che Rossi precipita dalla finestra alle 19,59 ma sia i consulenti di parte che poi quelli della Procura accertano che il video debba esser mandato indietro di sedici minuti, facendo così modificare l’ora dell’impatto alle 19,43. Ancora viene indicato che del volo di sedici metri le telecamere ne inquadrano gli ultimi tre, mostrando solo come il manager impatti al suolo prima con le natiche e poi con il resto del corpo, rimanendo in agonia per qualche minuto. Ennesimo errore riscontrabile dal video, in quanto Rossi impatta al suolo con le natiche, ma allo stesso tempo, ha braccia e gambe tese verso l’alto come se fosse già esanime. Inoltre, non rimane in agonia solo per qualche minuto, bensì per circa trenta minuti. Nel dispositivo di archiviazione del Gip viene poi descritta la dinamica di suicidio riportando i segni presenti sulla finestra compatibili con la salita sul davanzale di un soggetto che poi, presumibilmente, da una posizione seduta sulla barra di protezione e con la schiena verso l’esterno e i piedi appoggiati sulla soglia si sarebbe lasciato cadere. Con questa descrizione si cerca di spiegare il materiale bianco presente sulle scarpe di Rossi, (cioè la polvere di marmo del davanzale) e la lieve lacerazione sulla punta derivante dalla spinta con i piedi puntati al legno della finestra. Ma non è così semplice. Infatti il marmo non impregna le scarpe e le suole. Se un corpo da seduto si getta da una finestra all’indietro, cadendo per 16 metri, ha una rotazione. Per lesionare la punta delle scarpe la spinta impressa deve esser notevole. Si tratta di fisica, non di semplici supposizioni. A seguire poi le testimonianze dei colleghi presenti a Rocca Salimbeni quella sera, i quali prima riferiscono di aver visto la porta dell’ufficio di David chiusa alle 19,30, successivamente la Bondi alle 20,05 cambia versione indicando la porta aperta con la luce accesa, fino a che Filippone non conferma alle 20,40 di aver trovato la porta chiusa. Secondo quanto scritto all’interno del dispositivo del Gip sarebbe stato lo stesso David a chiudere la porta appena prima di gettarsi. Ma com’è possibile? David cade alle 19,43 ben venti minuti prima che la collega Bondi uscendo da Rocca Salimbeni e passando davanti all’ufficio di David alle 20,05 nota la porta aperta e la luce accesa. Per quanto riguarda l’autopsia viene specificato che la stessa avviene dietro richiesta diretta della famiglia e che non era stata disposta in precedenza per rispetto del cadavere non ritenendola necessaria. Infine il tutto si conclude ritenendo superflua ogni possibile attività investigativa e giudiziaria in relazione ai reati di omicidio volontario o istigazione al suicido.

2. La riapertura delle indagini e i nuovi rilievi tecnici
  • 2.1.1. Chi era presente quella sera?
L’avvocato Goracci continua a fare il suo mestiere. A dicembre 2015 presenta una nuova istanza di apertura del caso Rossi con ben tre nuove perizie di parte. La perizia grafologica svolta sui biglietti trovati nel cestino all’interno dell’ufficio di David, la perizia del medico legale e la relazione dell’Ing. Scarselli effettuata studiando il video delle telecamere di sorveglianza. Il nuovo Pm Boni, decide di riaprire così il caso affidandolo a due consulenti esterni alla città di Siena. Si rivolge quindi a Cristina Cattaneo, medico legale dell’università di Milano, e al tenente colonnello dei Ris, Zavattaro. Il quesito che viene posto è molto semplice: “la morte di Rossi è un suicidio o un omicidio?”.
Le indagini ripartono da zero mentre al medico legale spetta la revisione della prima autopsia e al colonnello Zavattaro la ricostruzione della dinamica dell’accaduto, il Pm Boni tenta di scoprire chi era presente in banca quella sera. L’indagine parte dalla richiesta dei registri d’ingresso e di uscita della banca, dei badge ai tornelli e segue con l’interrogazione al portiere Riccucci. Si scopre però che non esiste alcun registro cartaceo e che quelli elettronici erano si istallati, ma entrarono in funzione solo nel settembre del 2013. Il Pm decide allora di acquisire i video delle telecamere posizionate ai tre ingressi della banca, uno dei quali, posizionato proprio nel vicolo in cui viene trovato Rossi, per scoprire, però, che, anche in questo caso, i video si eliminano in automatico dopo sette giorni, a meno che non vengano immediatamente sequestrati dalle autorità giudiziarie. Ovviamente, però, dopo la morte del manager nessun video era stato acquisito.
  • 2.1.2. La testimonianza del portiere
L’ultima soluzione possibile per Boni, è quella di convocare il portiere Riccucci presente quella sera in MPS, per porgergli qualche domanda. A distanza di tre anni, sicuramente ricordare chi fosse presente in banca è assai difficile per il portiere. Riccucci spiega però che solo la portineria centrale resta aperta fino a tardi e che tutte le altre chiudono tra le 17,30 e le 18,00 confermando l’assenza di registrazioni video ai tornelli. Ma com’era possibile allora chiudere anche l’ultima portineria assicurandosi che all’interno dell’istituto non ci fosse più nessuno? A questa domanda Riccucci, risponde che, nella maggior parte dei casi, si affidava alla memoria. Alquanto strano dal momento che, a Rocca Salimbeni, lavorano più di trecento persone, senza contare ospiti, visitatori ed eventuali tecnici fornitori di beni e servizi. Il portiere allora modifica la sua versione spiegando che, come metodo per assicurarsi la completa assenza di persone, spegneva tutte le luci. In questo modo, se ci fosse stato ancora qualcuno all’interno della banca, avrebbe chiamato in portineria facendo notare la propria presenza. Sicuramente si tratta di un metodo ma se qualcuno volesse rimanere in banca intenzionalmente e senza esser scoperto? Riccucci sarà poi sentito più volte nel corso delle indagini. Secondo la sua testimonianza, quella sera, dopo esser stato chiamato da Filippone, per sapere se Rossi fosse ancora presente in banca, vide arrivare al Monte anche Carolina, figlia di David. Sempre secondo quanto da lui raccontato, la figlia decise di dirigersi nell’ufficio di David insieme a Filippone. Poco dopo confermerà di esser stato chiamato da Filippone per informarlo sulla morte del manager e, dopo aver bloccato le porte scorrevoli, in ingresso e in uscita, comunicherà di averlo raggiunto nell’ufficio di David. Riccucci ricorda inoltre che Carolina attendeva in un’altra stanza e che non era presente nell’ufficio. A quel punto Filippone lo invita a sbloccare le porte di uscita, per permettere a Carolina di allontanarsi, e scendendo confermerà di aver incontrato Mingrone che stava cercando anch’esso di uscire. Avvertito anche Mingrone dei fatti, i due raggiungeranno Filippone nell’ufficio di Rossi. Mingrone chiamerà a quel punto il 118 e tutti e tre si dirigeranno successivamente nel vicolo. Solo dopo l’arrivo dei soccorsi, Riccucci, dirà di aver seguito gli avvenimenti tramite le telecamere di video sorveglianza. Nonostante questo, però è difficile ricordare chi fosse presente. Verranno menzionate dal portiere all’incirca una decina di persone. Queste saranno tutte individuate e sentite, ma, in assenza di registri o di video da parte delle telecamere di sorveglianza, non è possibile accertare con certezza chi fosse davvero presente in banca quella sera. Anche i consulenti incaricati da Boni scriveranno agli atti che, a causa della carenza dei dati disponibili, le indagini richiederanno un impiego di tempo maggiore, nonché la riesumazione del cadavere e nuove misurazioni, riprese video ed eventuali campionature dei luoghi. Il nuovo Pm, sempre più convinto di scoprire la verità, accorda immediatamente la richiesta del medico legale di riesumare il corpo per eseguire una nuova autopsia. A seguito del nuovo esame, viene convocato per rispondere ad alcune domande il vecchio medico legale, il Dott. Gabrielli. Egli, non ricorda però i particolari degli abiti di David, non ricorda se la camicia era intatta o strappata e conferma di non aver annotato le singole ferite e i singoli ematomi, in quanto in quel momento si riteneva un’operazione inutile, così come anche repertare e analizzare i vestiti indossati da Rossi.
  • 2.2. I verbali dei soccorritori
Boni, però, che con ogni strumento a sua disposizione tenta di raccogliere il maggior numero di informazioni, chiederà i verbali dei soccorritori, i quali presentano alcuni punti saldi. Fin da subito infatti viene confermato che, la camicia di David era stata strappata da loro per effettuare la manovra di rianimazione, che le maniche non erano raccolte sopra i gomiti ma ben allacciate sui polsi, che sui polsini non vi era alcuna macchia di sangue, che tutto l’abbigliamento di David era impeccabile, con pantaloni stirati e scarpe che sembravano nuove tanto che erano pulite. Tutte informazioni molto utili ai fini dell’indagine in quanto permettono di dedurre che, i fazzoletti trovati nel cestino dell’ufficio di David non sono serviti a lui per tamponarsi i tagli sui polsi come ipotizzato dai Pm nel corso delle prime ricostruzioni, altrimenti sui polsini della camicia si sarebbero rilevate delle macchie di sangue.
Un altro elemento che non combacia con quanto sostenuto in precedenza, ma che trova spiegazione dopo quanto confermato dai soccorritori, è l’ematoma prodotto dalla cassa dell’orologio che ha avuto origine prima dell’impatto e non con esso, perché, in questo caso, il quadrante sarebbe rimasto all’interno della manica della camicia o nelle immediate vicinanze. Però, vicino al corpo di David non vi era alcun oggetto. Di questo, ne sono certi gli operatori del 118, in quanto al termine del loro lavoro, raccogliendo tutto il materiale utilizzato per soccorrere il corpo, fecero molta attenzione alla scena per cercare di contaminarla il meno possibile e l’orologio li non c’era. Un’ipotesi corretta, a questo punto, può esser proprio quella dei consulenti della famiglia Rossi, i quali sostenevano che l’orologio fosse stato gettato dalla finestra solo in seguito alla caduta di Rossi, proprio come si vede dal video.
  • 2.3. Il video della caduta
Anche Antonella, la moglie di David, non è ancora pronta ad arrendersi. Dopo dodici mesi, decide di rispondere ad alcune domande di un’intervista del tg1. Nelle sue dichiarazioni, Antonella, ribadisce con estremo dolore, che il marito, non avrebbe mai compiuto un gesto simile, che non avrebbe mai abbandonato la sua famiglia e sua mamma. Antonella esige delle risposte da parte della magistratura, che però, tardano ad arrivare. Decide così, insieme al suo legale, che continua a studiare le carte del caso insieme ai consulenti, di analizzare da zero la vicenda, facendosi aiutare da altri periti. In particolare dall’Ing. Scarselli, il quale, approfondisce il materiale raccolto dagli inquirenti, o almeno quel poco che c’è di disponibile. Egli si concentra maggiormente sul video registrato dalla telecamera di MPS che ha ripreso la caduta di David, gli ultimi metri di volo e i momenti di agonia in cui l’uomo rimane a terra.
L’Ing. Scarselli, fin dall’inizio, dichiara che si sarebbe aspettato una caduta diversa da quella ripresa nel video. Un suicidio, infatti, comporta uno slancio e un abbandono del corpo, elementi che, in questo caso, non sono presenti. Il tronco cade a terra perpendicolarmente rispetto al muro. Vi è poi l’assenza di rotazione, particolare molto importante in quanto in qualunque modo David si fosse lasciato andare dalla finestra, se in piedi andando indietro con le spalle, se seduto sul davanzale o in ginocchio, il corpo sicuramente avrebbe ruotato. Presumibilmente, David, avrebbe sbattuto prima le spalle o addirittura la testa. Per la dinamica della caduta di Rossi, Scarselli, non si spiega il suicidio. Questa però non è l’unica incongruenza riscontrabile quella sera.
A seguito della caduta, David, viene ritrovato su via dei Rossi, più noto come “vicolo Monte Pio”. Si tratta si di un vicolo chiuso in cui il passaggio avviene per ragioni particolari ma, allo stesso tempo, ci si trova nel centro della città. La caduta di David, avviene al termine di una giornata lavorativa in cui il passaggio di gente è notevole. Vi è il rientro degli studenti universitari, la presenza di una biblioteca aperta fino a tarda sera, inoltre, dal vicolo si accede ad una delle scale mobili che conduce a uno dei parcheggi più grandi di Siena, e vi sono diversi esercizi commerciali, tra cui anche un ristorante. Com’è possibile, allora, che per ben ventidue minuti nessuno si accorga che c’è un uomo a terra che giace moribondo in fin di vita? E che per i successivi quaranta minuti nessuno entri nel vicolo? La spiegazione è valida solo nel caso in cui, la visuale fosse stata occultata. Una particolare caratteristica del vicolo è la presenza di un angolo all’inizio del vicolo, che sfocia, poi, sulla strada principale dove transitano persone e auto. La telecamera lo inquadra completamente. La registrazione dura solo 58 minuti, ma l’Ing. Scarselli, studiando ogni singolo frammento del video, scopre parecchi elementi interessanti. Il primo inquietante ritrovamento, è la presenza dell’ombra di un uomo all’ingresso del vicolo appena un minuto dopo la schianto di David, seguito da una luce che si accende. Dopo soli quattro minuti, si nota la presenza di un mezzo dal quale scende un soggetto con un puntatore, che viene maneggiato quasi come se fosse usato come mezzo per comunicare, e via dicendo così per quasi ogni minuto, vi è un susseguirsi di ombre, presenze e luci. David si schianta al suolo al minuto tredici del video. Come appena accennato, poco dopo, viene riscontrata la presenza di un uomo con piumino e cappuccio, mano in tasca, chiaramente al telefono, che si addentra nel vicolo, si sporge, guarda il corpo di Rossi e poi sparisce. Sono le 20,11. Ma cosa sta facendo l’uomo? Vede Rossi? Forse è intento a chiamare i soccorsi? No, perché dalla ricostruzione dei fatti, verrà dimostrato che, la chiamata al 118, verrà effettuata tra le 20,40 e le 20,45.
Da una ricostruzione 3D realizzata dal consulente della famiglia Rossi, che riproduce fedelmente il luogo in questione, sarà possibile dimostrare che l’uomo, entra all’interno del vicolo per circa quattro metri, quanto basta per poter vedere chiaramente il corpo e il volto di David. L’identità del soggetto non verrà mai ricercata e, quindi, accertata. Il video mostra inoltre un oggetto cadere proprio dalla finestra di David dopo oltre venti minuti che il corpo giaceva a terra. Si pensa che l’oggetto in questione, possa esser proprio il quadrante dell’orologio che David ha sempre portato al polso. Altri elementi fanno insospettire sempre di più l’Ing. Scarselli. Il vicolo Monte Pio, è di proprietà della banca, è un vicolo poco trafficato, ma quella sera vi sono ben due mezzi che sostano al suo ingresso. Un’auto che effettua una manovra di retromarcia, deducibile dalle luci prima bianche e poi rosse dei freni, e un furgoncino parcheggiato proprio nel punto in cui il vicolo fa una piccola curva quasi ad ostacolare maggiormente la vista del corpo di David. Dalla targa del veicolo, si risale al proprietario, un tuttofare che in quei giorni è alle prese con una serie di lavori all’interno della banca. Si tratta per lo più di lavori di verniciatura. Forse si tratta proprio di quella vernice trovata sotto le scarpe di David? Magari dopo aver chiamato Antonella, Rossi ha incontrato qualcuno con cui è andato a parlare altrove rispetto al suo ufficio dal momento che David, in quel periodo, avendo subito delle perquisizioni, aveva il sospetto di essere spiato? Tant’è che Carolina, confermerà poi la paura di David, il quale, pensava che fossero presenti cimici all’interno della sua casa e del suo ufficio. Magari nello spostarsi è passato proprio in uno dei punti appena tinteggiati, il che spiegherebbe, la presenza di vernice sotto le scarpe. Si tratta però solo di ipotesi e di supposizioni, dal momento che, le scarpe di David, non furono mai analizzate o portate in laboratorio, così come i suoi indumenti che, insieme ai fazzoletti, sono stati distrutti dal procuratore Natalini durante la prima indagine. Distrutti però non nei mesi successivi ma immediatamente, ovvero nei giorni seguenti alla sua morte. Infine, “frame per frame” ovvero visionando l’immagine fotogramma per fotogramma (nel video digitale e nell'animazione 2D e 3D, il frame è l’immagine fissa che compone il video in movimento), l’Ing. Scarselli si è accorto della scarsa qualità del video, quasi come se su di esso, ci fosse stato un intervento di modifica.
  • 2.4. La simulazione della caduta
Nel frattempo, in accordo con i consulenti, si decide di simulare la caduta di Rossi dalla finestra. Inizialmente, questa doveva avvenire con l’uso di un manichino dello stesso peso e della stessa altezza di David, in modo tale da verificare la correttezza dei calcoli svolti fino ad ora e l’altezza dal quale David fosse precipitato. La differenza di poche decine di centimetri è fondamentale ai fini dell’indagine. Se David fosse stato buttato da dei soggetti, come ipotizzato dai consulenti di parte, sarebbe passato sopra la barra di protezione del davanzale. Mentre, se si fosse appeso alla sbarra, essendo David alto meno di 1.70 metri, aggrappandosi e allungandosi parallelamente al muro, come ipotizzato dalla procura, sarebbe caduto da due metri più sotto rispetto alla soglia basale della finestra. Infatti, due metri, su una caduta di dodici, fanno la differenza. I rilievi durano sette ore e mezzo, ma la simulazione della caduta non viene fatta come stabilito in precedenza con l’uso di un manichino, ma con un vigile del fuoco provvisto di imbracatura. L’uomo, pur tentando di simulare la ricostruzione fatta sia dai Pm, che dai legali della famiglia Rossi, non riesce a riprodurla fedelmente. Il vigile del fuoco, infatti, non è della stessa stazza di David né per quanto concerne il peso, né per quanto concerne l’altezza. Tentando di imitare la dinamica proposta dai Pm, che prevedeva David appeso alla barra di protezione, si riscontrerà, però, che l’uomo, avrebbe sbattuto contro il muro durante la caduta, riportando numerose escoriazioni. Elementi ovviamente non citati nelle autopsie. Le lesioni riportate da David, secondo i Pm, potevano esser causate dal davanzale della finestra, ma il vigile del fuoco, ha confermato più volte, che nulla su di essa o all’esterno, avrebbe potuto procurare tali lesioni. Anche per quanto riguarda i reperti, la sola speranza di trovare tracce di Dna, a distanza di trentanove mesi, tra pioggia, persone, auto ecc., sarebbe stata pura utopia.
Anche il colonnello del Ris, Zavattaro, cercherà di ricostruire la caduta, di calcolarne la velocità, chiedendo l’originale del video ripreso dalla telecamera di sicurezza, per scoprire, però, che il video non esiste più. L’unico disponibile per le analisi è una copia, probabilmente quella che anche l’Ing. Scarselli ha esaminato e ha ritenuto che potesse esser stata contraffatta. Zavattaro chiede poi di poter aver accesso al cellulare di David, o ad altro materiale sequestrato, come i fazzoletti rinvenuti nel cestino dell’ufficio del manager, per ricercare ulteriori tracce, come sangue, saliva o la presenza di Dna di terzi. Ma, come risposta, gli viene comunicato, che i reperti non esistono più. Il Colonnello, impiega ben sei mesi a terminare la consulenza tecnica (composta da ben 172 pagine). Quest’ultima, la quale contiene le conferme e le smentite delle ipotesi fatte dai periti di parte. All’interno della relazione viene subito sottolineata la difficoltà con cui si è svolto il lavoro a causa della scarsa disponibilità di prove e reperti e con uno stato dei luoghi modificato nel tempo. Viene indicato come, di fronte a un caso sospetto, sia esso impossibile da classificare con certezza come suicidio o omicidio e per questo è stato adottato un metodo alternativo che vede l’individuazione di tutti gli elementi a sostegno di una o dell’altra ipotesi per poi sommarli e giungere ad una conclusione.
  • 2.5. I rapporti del RIS e del medico legale
A seguito di questa premessa, la nuova consulenza del Ris e del medico legale parte con l’esame di quello che è accaduto la notte del 6 marzo 2013. Come accertato dall’Ing. Scarselli, viene confermata l’ora della caduta di Rossi alle 19.43, cioè sedici minuti prima rispetto a quanto impresso nella registrazione e a quanto sostenuto dai Pm Natalini e Marini. Viene smentito quanto sostenuto dai tecnici delle prime indagini, i quali ritenevano la posizione del corpo di David compatibile con la caduta. Vengono ribadite diverse volte la scarsa qualità del video, la mancanza di prove e di materiale sequestrato. Non è possibile determinare con certezza nemmeno la velocità di caduta del corpo e il punto o la posizione di partenza. Come già spiegato in precedenza, non è possibile nemmeno giustificare la dinamica della caduta in relazione alla posizione assunta da David. Insomma, non torna niente.
  • 2.5.1 La scena del crimine
In merito alla scena del crimine, gli uomini del RIS analizzano ogni singolo mattone del muro. Si scoprono segni interni ed esterni intorno alla finestra, si ispeziona il sottopassaggio che porta al vicolo Monte Pio, da dove vengono prelevati campioni di intonaco e di vernice, e ancora vengono analizzati computer, telefoni e effettuate analisi biologiche per cercare del Dna, ma con scarsi risultati. Nel corso delle nuove indagini si scopre della presenza di sei fotografie scattate dai Pm la notte del 6 marzo e di un video girato con il telefonino da uno degli uomini delle forze dell’ordine arrivato per primo sulla scena. Comparando il video con le immagini scattate nel corso della nottata, è possibile notare che la scena ha subito delle modificazioni e non è rimasta “cristallizzata” come previsto da ogni procedura standard. I particolari che giungono subito agli occhi sono la giacca di Rossi, che nel video risulta buttata frettolosamente sulla sedia dell’ufficio di David, mentre nelle foto risulta appesa ordinatamente al suo schienale. Dalla scrivania di David mancano degli oggetti, alcuni sono stati spostati e altri ancora aperti o chiusi. Si tratta in tutto e per tutto di una scena contaminata e compromessa ai fini delle indagini già a partire proprio da quella sera. Dalle foto risulta subito che gli inquirenti all’interno dell’ufficio non sono provvisti di appositi DPI, quali guanti, copri scarpe o mascherine previsti dai protocolli di investigazione scientifica.
  • 2.5.2 Segni evidenti di colluttazione
Un altro elemento che resta senza spiegazioni sono alcune ferite e alcuni ematomi trovati sul cadavere di Rossi, incompatibili con la dinamica di un suicidio. Si tratta di un taglio al labbro, una lacerazione sul naso e una sulla fronte. Se osservate attentamente, le ferite in questione sono tutte e tre in linea, quasi a formare un’asse. Nella prima autopsia queste osservazioni vengono solo menzionate senza esser analizzate nello specifico, in quanto un approfondimento viene ritenuta un’operazione superflua. Solo nel corso della seconda autopsia, a distanza di tre anni dalla morte, si è cercato di determinare da dove queste ferite o questi ematomi provenissero, ma a causa del tempo trascorso fu impossibile determinarlo, tant’è che alcune di esse non furono più nemmeno individuabili. L’unica certezza che risulta da entrambe le autopsie è la causa di morte attribuibile a lesioni a seguito di una precipitazione. Le uniche ferite ad esser giustificate sono quelle presenti sulla parte posteriore del corpo di David prodotte dall’impatto al suolo, mentre per quelle posizionate sull’addome, sul volto e sugli arti questo non si può dire. Secondo il nuovo perito Cristina Cattaneo, nominato dal Pm Boni, le uniche spiegazioni legate a quelle lesioni sono attribuibili, ad esempio, ad una colluttazione o ad un intervento da parte di terzi prima della caduta. Con i pochi elementi in mano ai consulenti, le nuove relazioni possono solo concludersi dicendo che “non esistono elementi tecnici dimostrativi dell’intervento di terze persone, seppure vi siano chiari elementi che indicano palesemente colluttazioni”.
Restano tanti, troppi dubbi che mai verranno chiariti, soprattutto a causa della mancata conduzione delle indagini nel momento in cui dovevano esser svolte.
  • 2.6. I tre argomenti principali a sostegno dell’ipotesi di suicidio
L’opinione pubblica nel frattempo si è accorta di quanto è accaduto a Siena e segue sempre con maggiore interesse lo svolgersi della vicenda. Chiunque si interessi al caso Rossi, si imbatte in troppi elementi che conducono a tutto fuorché ad un suicidio. Sono tre gli argomenti principali di chi è convinto che la morte di David sia un suicidio. Partiamo da un ritrovamento avvenuto nel suo ufficio che farebbe pensare ad un gesto di chi ha deciso di farla finita. Quando la polizia entra nella sua stanza, trova tre fogli accartocciati e strappati nel cestino dei rifiuti insieme a dei fazzoletti sporchi di sangue e a delle linguette di alcuni cerotti. Sembrano il tentativo fallito di scrivere una lettera d’addio alla moglie Antonella che però resta subito colpita da tre parole utilizzate da David per rivolgersi a lei: Toni, amore e scusa. Ma cosa c’è scritto su quei biglietti?
«Ciao Toni, mi dispiace ma l’ultima cazzata che ho fatto è troppo grossa. Nelle ultime settimane ho...».
Però, come dichiarato da Antonella, il marito non si sarebbe mai rivolto alla moglie con il nome di Toni. A suo dire lo faceva di proposito e non perché non fosse abituato a farlo. Addirittura scherzava proprio su questo aspetto, in quanto Antonella era solita chiedergli di chiamarla con questo soprannome come facevano tutti.
«Ciao Toni, amore, l’ultima cazzata che ho fatto è troppo grossa per poterla sopportare».
«Hai ragione, sono fuori di testa da settimane».
Magari David, non chiamandola con il soprannome di Toni, si rivolgeva a lei con il termine amore? No, nemmeno così.
Infine, l’ultimo biglietto più definito e concreto nell’avvalorare la tesi di suicidio.
«Amore mio ti chiedo scusa ma non posso più sopportare questa angoscia. In questi giorni ho fatto una cazzata immotivata davvero troppo grossa. E non ce la faccio più. Credimi è meglio così».
A non convincere in questo caso è l’uso della parola “scusa”, una parola che per David, fortemente orgoglioso, risultava difficile anche solo da pronunciare. Tre aspetti che all’interno di una stessa lettera fanno subito insospettire la moglie.
Ma questi tre biglietti furono sottoposti ad una perizia calligrafica? Si. Nel corso delle prime indagini, infatti, si stabilì che la calligrafia usata era proprio quella di David. La famiglia, però, non del tutto convinta, decide a sua volta di nominare un consulente di parte per un’ulteriore analisi su questi biglietti. Anche il consulente di parte della famiglia Rossi, all’interno della sua relazione, affermerà che la calligrafia corrisponde a quella di David ma che probabilmente, fosse stata scritta in conseguenza di forzature e di dettatura.
Allora l’uso dei tre termini era volontario? Come se David avesse voluto mandare un messaggio alla moglie? Forse per farle capire che si era lui a scrivere ma che in realtà non lo stava facendo di sua spontanea volontà? Un altro aspetto che fa pensare ad un’azione involontaria, è che i biglietti siano stati trovati nel cestino. Infatti, si suppone che una persona che ormai ha modulato l’intenzione di uccidersi non nasconde i biglietti d’addio nel cestino, li lascia direttamente sulla scrivania.
Il secondo elemento, considerato forse l’argomento principale di chi considera il fatto avvenuto come un suicidio, Si tratta di un episodio accaduto pochissimo tempo prima che David perdesse la vita. A raccontarlo è proprio la figlia Carolina, la quale ricorda che una sera, mentre erano a cena, notò sul polso e sull’avambraccio del padre una serie di tagli. Preoccupata decise di rivolgersi alla madre che, a sua volta, ignara dell’accaduto decise di chiedere spiegazioni proprio al marito. Inizialmente David era evasivo, non dava spiegazioni, diceva di essersi tagliato in modo accidentale con una risma di carta ma Antonella nota subito che sta mentendo. Così, insistendo, riuscì a farsi dire la verità. David rispose con una frase scioccante: «hai visto, nei momenti di nervosismo, quando vuoi sentire dolore fisico per esser più cosciente...”». Con questa frase il manager lasciò intendere di essersi autoinflitto quei tagli facendolo credere in un primo momento anche alla sua famiglia. Si trattava però di un fatto mai accaduto prima e di tagli superficiali. Sempre quella sera, però, a seguito della discussione appena avuta con la moglie, David decise di accompagnare Carolina nella sua libreria. Ad alta voce e con un block notes tra le mani, finse di voler fare un disegno, un cane con tanto di zampe e coda. In realtà stava scrivendo un messaggio a Carolina, intimandola di non parlare di quello che era accaduto ne fuori ne in casa. La figlia intese allora che il padre non voleva che si parlasse di questo ad alta voce e gli chiese se, secondo lui, fossero presenti delle “cimici” in casa. David annuì. Questo modo di colloquiare durò per circa cinque minuti, dopodiché David strappò i fogli e li tenne per sé. Era convinto di essere ascoltato, tant’è che poche settimane prima la famiglia Rossi aveva subito delle perquisizioni e fu proprio da questo momento che iniziò la trasformazione di David nonostante, poi, non fosse mai stato formalmente indagato. Ma allora perché David non voleva che qualcuno ascoltasse dei tagli, a maggior ragione se era stato proprio lui ad infliggerseli? E quei tagli possono esser la prova che David avesse potuto o si sarebbe potuto buttare dalla finestra? Secondo i legali e la famiglia di Rossi, la risposta è “no”. Un conto, infatti, è esser turbati, un conto è suicidarsi lanciandosi dalla finestra del proprio ufficio. Sono due cose completamente diverse. Inoltre, nell’analisi fatta sulle ferite in questione, è possibile notare che la digitopressione è di forma completamente ribaltata rispetto a quella che avrebbero avuto i tagli se fossero stati autoinflitti. Nessuno mai, però, condusse delle indagini approfondite per determinare la natura di quelle lesioni.
Siamo nelle ultime ventiquattro ore della vita di David, più precisamente il 4 marzo 2013. La banca Monte dei Paschi di Siena è al centro di uno scandalo senza precedenti. Esattamente due giorni dopo lo scambio di e-mail con l’amministratore delegato, David volerà giù dalla finestra e non farà mai in tempo a parlare con la procura. Lo scambio di e-mail tra Rossi e Viola, l'amministratrice della Banca Monte dei Paschi, è molto strano e difficile da interpretare. Si tratta di e-mail in cui mancano dei pezzi. Probabilmente parole che si sono detti al telefono come confermato dai tabulati telefonici, i quali confermano uno scambio di chiamate tra i due. All’interno delle e-mail viene più volte citato un tema riguardante una “cosa molto strana, un argomento delicato” ma che non si capirà mai a cosa fosse riferito. Probabilmente si trattava di qualcosa in relazione alla volontà di David di parlare con i Pm, raccontare quello che sapeva chiedendo però delle garanzie a Viola per non rimanerne travolto. L’unico che sa a cosa il manager si riferisse è l’Ad, il quale, però, dice di non ricordare di cosa stessero parlando. È qui che compare il terzo ed ultimo elemento che può far pensare ad un suicidio. Si tratta delle e-mail inviate da Rossi a Viola, con la richiesta di intercedere con i magistrati per suo conto. In queste e-mail ne appare una molto strana. “Stasera mi suicidio, sul serio, Aiutatemi!!!!” Intanto comparirà negli atti solo in un secondo momento. Quando Viola sarà interrogato come persona informata sui fatti, gli verranno mostrate lo scambio di e-mail, tutte le e-mail, meno questa sopra citata. Infatti, questa e-mail verrà trovata solo dopo a seguito delle indagini della polizia giudiziaria analizzando il pc di David. Però è strano, nei destinatari figura solo Viola mentre David parla al plurale riferendosi a più persone con il termine “Aiutatemi!”. Chi sono gli altri soggetti a cui si riferisce David? Inoltre, l’orario dell’invio alle 10,13 si colloca in mezzo allo scambio di e-mail precedenti e la chiamata tra i due. Cosa si saranno detti? Anche in questo caso, troppi dubbi che non verranno mai chiariti.

3. La seconda archiviazione
  • 3.1. I dieci errori dell’indagine secondo la famiglia
Un punto decisivo di questa storia è rappresentato dalle indagini. Si tratta delle prime svolte sei anni fa e delle molte attività che la Procura avrebbe potuto fare ma che non sono state fatte:
  • Non sono mai stati chiesti nell’immediato i tabulati e i dati delle celle telefoniche degli apparecchi cellulari che sono transitati dentro e vicino alla banca nelle ore della morte di David. Per “tabulato telefonico in realtà definito “archivio storico del traffico telefonico” dell’utenza in esame, contiene una notevole quantità di informazioni. Ad esempio, è possibile vedere tutte le chiamate fatte e ricevute da una certa utenza, le chiamate “fallite” come numero occupato o telefono non raggiungibile, gli SMS e gli MMS inviati e ricevuti, l’identificativo della cella che serviva il telefono chiamante e quello chiamato al momento della conversazione e tutte le celle “attraversate” dai telefoni in movimento durante la conversazione. Grazie alle celle è infatti possibile anche conoscere, con una certa approssimazione, la posizione del telefono al momento della chiamata e seguirne gli spostamenti da una all’altra. Inoltre, è possibile conoscere il numero IMEI, che identifica in modo univoco il telefono, e il numero IMSI, che identifica la scheda SIM, di ogni telefono coinvolto nella conversazione. Se fosse stato fatto, forse si sarebbe potuta rintracciare quindi la persona che, con il telefono all’orecchio, compare nel video alle 20,11.
  • I vestiti di David non sono mai stati sequestrati e non sono mai stati analizzati. Su di essi si sarebbe potuta effettuare ad esempio la ricerca di fibre presupponendo un trasferimento di queste tra diversi indumenti di uno o più soggetti distinti in seguito a un eventuale loro contatto e/o colluttazione. Nel caso di David, anche se i vestiti non fossero stati buttati, non sarebbe stato possibile esaminarli in tempi brevi ed evitare le varie contaminazioni/errori tecnici di chi, come possiamo constatare, aveva avuto accesso alla scena tra cui gli agenti di pronto soccorso nel tentare di rianimare la vittima. Indossando come da protocollo tutti i DPI previsti, si sarebbero potuti repertare gli indumenti avendo cura di preservarli in apposite buste di carta politenata (un tipo di carta utilizzata per le stampe fotografiche). La ricerca di fibre avviene con l’ausilio di una lente d’ingrandimento sulla superficie interessata per individuare materiale estraneo come vernice, peli, capelli, fibre tessili provenienti da altri soggetti e se eventualmente presenti, vanno repertati con l’ausilio di pinzette e in provette separate e sigillate. Nel caso in cui la presenza di elementi estranei all’indumento esaminato non sia visibile ad occhio nudo, è possibile procedere all’asportazione mediante tamponamento con nastro adesivo trasparente della zona interessata. Al termine della tamponatura è fondamentale fissare la striscia sull’apposito foglio di acetato, e conservare ogni foglio in una busta formato A4. Il prelievo può essere eseguito anche facendo uso di mezzi aspiranti.
  • Non è mai stato fatto l’esame istologico sulle ferite ritrovate sul corpo di David. Se fosse stato fatto si sarebbe saputo con certezza quando David si è procurato quelle ferite, se prima o dopo la caduta dalla finestra. Delle lesioni come escoriazioni, ecchimosi, ematomi, etc., se ne si sarebbe potuta indicare la natura, la sede, il numero, la direzione, le dimensioni e la forma. Il medico legale avrebbe potuto descrivere in maniera più minuziosa le lesioni riportate da David. A supporto, un rilievo fotografico ben fatto sarebbe stato molto utile ai fini identificativi.
  • Non si è fatto immediatamente l’esame del dna sul corpo di David, né sull’orologio, né sui telefoni cellulari. Come sappiamo il dna può esser estratto da qualsiasi materiale, anche in quantità infinitesimali e uno dei suoi pregi è proprio quello di rimanere inalterato per cui può essere prelevato anche a distanza di anni. In questo caso, probabilmente l’analisi avrebbe potuto confermare con certezza se ci fosse stata una colluttazione e chi fosse presente nell’ufficio di David quella sera prima che volasse dalla finestra. Inoltre il profilo genetico ottenibile dal dna è unico per ciascun individuo (ad eccezione dei gemelli identici) e consente perciò un’identificazione certa dell’individuo a cui appartiene.
  • I fazzoletti sporchi di sangue ritrovati nel cestino dell’ufficio di David furono distrutti dalla Procura senza mai esser analizzati e prima che fosse decretato il suicidio. Non si scoprì mai infatti a chi apparteneva quel sangue, nel caso fosse stato di David quando si sarebbe tamponato eventuali ferite o da chi.
  • Non sono state identificate tutte le persone che erano presenti in banca quella sera.
  • Non sono state mai acquisite le immagini delle ben dieci telecamere interne ed esterne alla banca, tranne quella che ha ripreso la caduta. Se fossero stati acquisiti tali video avrebbero permesso di vedere i movimenti sia interni che esterni di tutte le persone che nelle ore in cui è morto David erano presenti nell’Istituto. L’Image Forensics e la Video Forensics sono discipline contenute all'interno della più ampia famiglia del Multimedia Forensics, comprendono tutte quelle le attività di analisi delle immagini e dei video svolte oramai prevalentemente in ambito digitale, per estrapolare dati e informazioni prettamente ad uso forense. Con il termine Image Video Forensics ci si riferisce ad una specifica area della Digital Forensics che si occupa dello studio e dell’analisi di immagini e di video per la loro validazione e utilizzo in ambito forense. In questo caso anche la “Forgery Identification” che si occupa proprio di identificare presunte manipolazioni, ovvero dell'inserimento/cancellazione di alcuni particolari a fini fraudolenti, sarebbe stata molto utile.
  • L’unico video in cui si vede la caduta di David non è integrale ma è stato tagliato. Parte un minuto prima della caduta e termina prima dell’arrivo dei soccorsi. In questo caso specifico la Video Analysis assume un ruolo fondamentale. Si tratta infatti dell’analisi di situazioni complesse, caratterizzate da elementi di dinamicità come la caduta di David, volte ad esempio ad individuare dinamiche e/o comportamenti sospetti di veicoli o soggetti, dove spesso assume un ruolo fondamentale anche la procedura di acquisizione delle fonti da analizzare.
  • La procura non ha aperto nell’immediato un fascicolo per il reato di omissione di soccorso per determinare l’identità del soggetto che entra nel vicolo con il telefono all’orecchio alle 20,11.
  • Dalla prima archiviazione di agosto 2013, la procura ha aspettato più di due anni prima di riaprire il caso nel novembre 2015. In quei due anni, il tempo ha reso indecifrabili tutti gli elementi utili a capire davvero cosa possa esser successo quella notte.
Queste sono alcune delle principali critiche che la famiglia di David muove alle indagini svolte dalla procura di Siena.
Si arriva così a dicembre 2016 la salma di David Rossi torna in pace al cimitero. Solo due mesi dopo, il procuratore Salvatore Vitello firma l’archiviazione del caso. Nulla pare esser certo anche se ci si aspetterebbe che da un magistrato ci sia chiarezza. Invece, nell’archiviazione viene riportato quanto scritto: “l’ipotesi di omicidio non si può escludere in assoluto, tuttavia non ha elementi circostanziali o biologici che la supportano”. A tal proposito, tutti i segni evidenti di colluttazione non vengono nemmeno citati, mentre le ipotesi a sostegno del suicidio si, a partire dai tre biglietti di addio e dai segni di autolesionismo.
  • 3.2. L’opinione pubblica
Alla richiesta di archiviazione ovviamente si oppongono la moglie di David, il Sig. Goracci avvocato della famiglia Rossi e Carolina, figlia di Antonella. All’interno dell’opposizione, gli avvocati mettono in luce per l’ennesima volta tutte le incongruenze, chiedono di poter interrogare altri soggetti non ancora sentiti ma che potrebbero fornire informazioni utili e chiedono l’analisi dei tabulati telefonici di David per determinare chi ha risposto mentre il manager si trovava già al suolo, ovvero a chi o a cosa corrisponde il numero 40999009 che, per ben due volte, viene composto sul Iphone di David. Ad oggi i così tanti dubbi sollevati, non solo dalla stessa famiglia Rossi, rendono il caso un fatto altamente mediatico: se ne parla sui quotidiani, la Columbia University di New York dedica un focus specifico al processo, molti politici ne denunciano le modalità di indagine e alcune trasmissioni televisive nello specifico Quarto Grado, ne seguono con molta attenzione l'intera vicenda. Diverse reti radiofoniche e televisive, ancora a distanza di anni, ritraggono le immagini e i video relativi all'accaduto. Il 6 Marzo 2017 sul Corriere della Sera, esattamente quattro anni dopo, viene pubblicata l’immagine di Vittoria Ricci (madre di David) che insieme ai suoi famigliari, affigge proprio su quel muro di vicolo Monte Pio, uno striscione recante la scritta: “VERITA' PER DAVID”.
  • 3.3. L’omissione di soccorso
Il procuratore Vitello, decide così di aprire nuovamente il fascicolo con l'ipotesi di reato per omissione di soccorso (art. 593 c.p.). Si tratta di un supplemento di indagine di ben diciotto pagine nelle quali si allega un tabulato telefonico della Tim e un verbale di dichiarazione del portiere Riccucci il quale viene risentito in merito all’omissione di soccorso. Questo perché la sera del 6 marzo, alle spalle del Riccucci, erano presenti ben tre gli schermi che inquadravano vicolo Monte Pio e la vittima. Tuttavia nessuno si era accorto che David agonizzante, era disteso a terra da circa un'ora. Nelle dichiarazioni il Riccucci afferma che molto probabilmente le immagini riprese della caduta erano state così rapide, da non potersene minimamente accorgere. Ipotesi plausibile se non fosse per il corpo morente, inquadrato dalle telecamere per altri ventidue minuti.
  • 3.4. Il mistero dei telefonini
Nel supplemento d’indagine viene inserito anche un documento relativo alla replica della compagnia telefonica per cercare di determinare a cosa corrispondesse il numero 4099009 e risalire a chi avrebbe potuto rispondere (per ben due volte) al telefono di David, quando lui si trovava già a terra. Sarebbe stato meglio, senza alcun dubbio, indagare su tali fatti nell'immediatezza del reato e non e non a distanza di quattro anni. Malgrado ciò la risposta data dalla Tim non porta ad alcuna spiegazione, se non a due affermazioni tra loro contraddittorie: nella prima si conferma la presenza di una conversazione durata pochi secondi, per poi smentire il tabulato dicendo si tratti dell'utenza dedicata ai clienti prepagati (a numero telefonico 4099009). Questa utenza si attiva nel momento in cui il credito esaurisce e si tenta comunque di effettuare una telefonata, la quale viene deviata in automatico al numero 4099009 (come avviso di credito insufficiente e/o SOS ricarica). Potrebbe considerarsi una spiegazione sensata se tale numero fosse comparso sui tabulati telefonici di Carolina, la quale avendo una scheda prepagata e nel caso in cui avesse terminato il credito quella sera chiamando David, avrebbe così attivato la suddetta utenza. Quel numero appare invece sul telefono di David che non solo aveva un contratto telefonico aziendale e un traffico limitato, ma era stato lui stesso ad aver ricevuto la chiamata e non ad effettuarla. Si tratterebbe di un errore dovuto ad un'anomalia di rappresentazione come spiega la compagnia. Carolina inoltre dichiara di esser certa che quella sera, non solo non aveva terminato il credito ma che oltre alle chiamate fatte a David ne erano seguite altre, tra cui quella all'ex ragazzo che a suo tempo le aveva risposto. Carolina effettua quindi insieme all'avvocato Goracci alcune simulazioni: la ragazza chiama l’avvocato sia poco prima di finire il credito, sia quando è già esaurito, in modo tale da deviare la chiamata all’SOS ricarica. Tuttavia il numero 4099009 non compare.
A seguito di una serie di indagini, si sostenne nientemeno che il numero fosse collegato ad un conto dormiente poiché facendo una ricerca in rete si scoprì che quel numero corrispondeva ad un conto sulla filiale di Mantova della banca popolare di Puglia e Basilicata. Più precisamente al numero di un certificato di deposito al portatore, emesso per procura dalla Ge Capital Interbanca. David era solito frequentare Mantova in quanto presidente della fondazione Palazzo Te. Perciò si suppose che il conto fosse collegato al Carroccio (la Lega Nord è talvolta chiamata “Carroccio”, in riferimento ad un'antica leggenda che coinvolse Alberto da Giussano nella Battaglia di Legnano) e al sistema di sponsorizzazioni in eccedenza che Rossi gestiva per conto di Monte dei Paschi di Siena, con l’obiettivo di fronteggiare il cosiddetto “mondo grigio” (la Lega appunto). A quei tempi Interbanca era controllata da Antonveneta S.p.A., l’istituto che MPS comprò nel 2007 dal gruppo Santander per 9 miliardi di euro. L’accordo prevedeva che Interbanca rimanesse al Santander cosa che effettivamente avvenne. Solo un anno dopo fu venduta dal Santander al Ge Capital e valutata 1 miliardo di euro. I “titoli al portatore” di Ge Capital catalogati con il numero 4099009 sono stati emessi dalla filiale di Viadana, una cittadina in provincia di Mantova dove ha sede il Viadana Rugby (squadra sponsorizzata da MPS tra il 2007 e il 2010). L’indizio che collegherebbe quei titoli al Carroccio è riportato in un estratto conto della Lega Nord, datato 2 Dicembre 2013. Tuttavia non si scoprì mai di chi fosse quel conto e se il numero in questione apparso sui tabulati e tra le chiamate di David, corrispondesse proprio a quel conto del bollettino rintracciato. Il 4 luglio 2017 viene accolta per la seconda volta la tesi dei due pm Siro de Flammineis e Nicolò Ludovici secondo cui il Rossi si è tolto la vita. Il caso viene quindi archiviato come suicidio.

4. La vicenda giudiziaria
  • 4.1.1. La piccola procura e il colosso MPS
La città di Siena, nota da sempre per via del Duomo risalente al XIII secolo, della Piazza ospitante ogni anno il palio (Piazza del Campo) e della banca più longeva al mondo, diviene ospite del più grande scandalo finanziario d'Europa. Questo, secondo nel mondo solo a Lehman Brothers, è accaduto in Toscana appunto e ha riguardato la più antica banca italiana in attività: quella di il Monte dei Paschi fondata nel XV secolo. Inizialmente la banca era un istituto completamente pubblico che valeva circa 20 miliardi di euro mentre ad oggi il totale azioni è pari a 500 milioni di euro e la perdita totale di valore raggiunta dalla privatizzazione è stimato a circa 50 miliardi di euro. Oltre al danno economico, la Toscana ha pagato il prezzo più alto di questo disastro visto l'incalcolabile danno di immagine e credibilità sia a livello nazionale che per la perdita di fiducia nell’Europa. La magistratura ha identificato tra i responsabili: Giuseppe Mussari, Antonio Vigni e Giuseppe Baldassarri, condannandoli a 3 anni e 6 mesi, al pagamento per le spese processuali e al risarcimento dei danni della parte civile costituita.
Monte dei Paschi di Siena fu fondata nel 1472 come una specie di banco dei pegni: si racconta che fosse nata per dare aiuto alle classi più disagiate della popolazione in un momento particolarmente difficile per l’economia locale. Si dice che abbia resistito a tutto, dal fascismo al nazismo senza però far fronte alle diverse forze politiche, in particolare al partito democratico che dall'interno ne ha abusato come un bancomat spolpandola negli anni di ogni ricchezza. Tra le principali ragioni che hanno portato ad una serie di lotte politiche per la spartizione di potere e di denaro, c’è proprio quella che riguarda la crescita della Banca Monte dei Paschi che fin dal 1975 era confinata all’interno di una regione. Solo successivamente alla sua espansione sono nati i primi scontri con chi invece preferiva che la banca rimanesse nell’Italia centrale e crescesse aggregando istituti di credito più piccoli. Ma questo non accadde: per questi apparati politici gli obiettivi erano senza dubbio differenti ma nonostante ciò decisero di portare avanti i loro piani politici con ogni mezzo in loro possesso.
  • 4.1.2. La Banca Antonveneta
Tra gli obbiettivi inerenti al piano di espansione vi era l'acquisizione della Banca Antoniana Popolare Veneta (“Antonveneta”) con sede a Padova; con tale potenza regionale che fino agli inizi degli anni 2000 rappresentava un boccone molto appetibile per l'Europa, la Banca senese intendeva affacciarsi al nord Italia.
L'operazione si rivela presto un buco nell’acqua. Nel 2007 infatti Antonveneta viene rilevata dal Banco Santader attraverso l’acquisizione della banca olandese ABN AMRO che per diversi anni aveva tenuto una quota nell’Istituto senese con l’intento di assumerne l’intero controllo. ABN AMRO (di cui Antonveneta è uno degli asset) dovette però cancellare diverse centinaia di milioni di euro in crediti alle imprese, identificando crediti erroneamente classificati e dichiarando la banca dei Paschi ben lontana dai tassi di crescita che essa stessa dichiarava. Il prezzo pagato da Santander a ABN AMRO per l’acquisto di Antonveneta fu di 5.7 miliardi di euro. Vennero coinvolti nelle successive transazioni diversi altri istituti di credito quali Rothschild, BNP Paribas, Merrill Lynch e J.P. Morgan. Sono molti quelli che ne hanno tratto guadagno, fino all'accordo raggiunto da Monte dei Paschi con Banco Santader per l'acquisto di Antonveneta per un importo di 9 miliardi di euro. Ma quali possono essere le ragioni per una simile transazione quando comporta costi così significativi al nuovo proprietario? Ricordiamo che all'epoca l’intero sistema politico italiano era favorevole all’acquisizione di MPS, affinché la banca tornasse in mani italiane. Il tutto sembrava avere una sua logica se non fosse per il prezzo pagato per Antonveneta: si trattò infatti di un’operazione completamente in perdita e MPS si accollò tutti i debiti.
  • 4.1.3. La crisi, il crollo e le inchieste
La cifra totale saldata da Monte dei Paschi di Siena per Antonveneta fu di 10 miliardi di euro (come rimborso al venditore di Antonveneta) oltre ai 9.25 miliardi del prezzo d’acquisto, per un totale indicato in atti processuali di circa 19 miliardi di euro. L’acquisto di Antonveneta fu autorizzato dalla Banca d’Italia, senza il suo consenso, come previsto dalla legge italiana, quest’ultima non si sarebbe potuta acquisire (riferito alla Banca Antonveneta). Dunque ci si chiede come la Banca d’Italia ben consapevole del costo effettivo per l’acquisizione, l'abbia potuta autorizzare ad un prezzo così elevato. D'altra parte quest'ultima, aveva sottoposto banca Antonveneta ad un’ispezione completa qualche mese prima dell’acquisto di MPS. In questo modo poté accertare come tutti gli indici e i parametri dell'istituto veneto erano negativi e in perdita.
In quegli anni Mario Draghi era governatore della Banca d'Italia (successivamente presidente della Banca Centrale d'Europa) e fu lui stesso incaricato come responsabile dell'ispezione. Infatti il documento di approvazione dell’acquisto datato 17/03/2008 porta ancora oggi la sua firma. Si trattò a tutti gli effetti di un acquisto rischioso ed esorbitante di una banca al tracollo, tanto che non si capirono mai le vere ragioni di questa operazione. Diverse piste portano a credere che ci fosse del denaro sporco in concomitanza a flussi oscuri di contante. In tal caso quale modo migliore se non nascondere le truffe di una piccola banca facendola acquisire all'interno di una più grossa e rendendo così impossibili eventuali ricostruzioni. Alla luce di quanto accaduto David Rossi rivestiva già da ben cinque anni il ruolo di capo della comunicazione per MPS.

Conclusioni
Quali conclusioni trarre dopo le indagini che la commissione d’inchiesta ha svolto sullo scandalo Monte dei Paschi di Siena e sulla morte di David Rossi? Senese doc, nato e cresciuto a Siena, il Rossi era l'unico manager capo della comunicazione dell’Istituto soprattutto un amico e collaboratore fidato di Mussari, principale indiziato della crisi del Monte. La risposta è molto semplice: la morte di David Rossi è un macabro simbolo di come così velocemente la Procura abbia archiviato il tutto come suicidio per ben due volte senza averne in un secondo momento la certezza. Come nel caso di David, anche nel caso del Monte, si volle far credere che la banca cadde autonomamente, quando invece appare chiarissimo che un’operazione come quella di Antonveneta non poteva nascere da sé ovvero senza alcun responsabile. La banca d’Italia pose altrove la sua attenzione al momento dello scandalo, quel disastro a Monte dei Paschi dove la morte del Rossi presenta un punto di non ritorno. Quanto avvenuto e descritto non è frutto del caso: la macabra morte di un uomo di appena cinquant'anni porta la responsabilità di chi ha nome e cognome.


Ringraziamenti
 
Si ringrazia Antonella Tognazzi, moglie di David Rossi, per l'intervista rilasciata alla dr.ssa Marta Pontiroli dell'Istituto di Scienze Forensi, la quale ha permesso ulteriori approfondimenti di carattere tecnico non rilevabili da fonti giornalistiche.


 
Bibliografia
  • Stefano Molteni, Dossier Monte dei Paschi di Siena, Le trame massoniche, i maneggi dei partiti politici, le speculazioni dei clan affaristici: quarant’anni di ruberie e scandali nella più antica banca del mondo, Milano, Kaos edizioni, 2017.
  • Antonino Monteleone, David Rossi. Una storia italiana. Il crack di una banca, la morte di un manager, l'ombra del Vaticano, Roma, Round Robin, 2019.
  • Carolina Orlandi, Se tu potessi vedermi ora, La storia di David Rossi raccontata da chi gli era accanto, Milano, Mondadori, 2018.
  • Davide Vecchi, Il caso David Rossi, Il suicidio imperfetto del manager Monte dei Paschi di Siena, Milano, Chiarelettere editore, 2017.




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