Il decreto Caivano diventa legge: ecco le principali misure

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Il decreto Caivano diventa legge: ecco le principali misure

ISF Istituto di Scienze Forensi
Pubblicato da ISF Magazine in Diritto · Mercoledì 08 Nov 2023
Tags: decretocaivano
Autore: dr.ssa Hillary di LERNIA
Istituto di Scienze Forensi Centro di Ricerca

Dopo il via libera del Senato ricevuto lo scorso 27 ottobre, anche l'Aula della Camera dice sì al voto di fiducia chiesto dal Governo sul decreto Caivano (d.l. 123/2023), che contiene “misure urgenti di contrasto al disagio giovanile e alla criminalità minorile” e prevede un generale inasprimento delle pene e un più facile accesso al carcere per il minore autore di reato.
Nel decreto, che porta il nome della città a nord di Napoli balzata agli onori della cronaca dopo i casi di stupro ai danni di due bambine del Parco Verde, vengono introdotte misure per la riqualificazione del territorio del Comune di Caivano al fine di favorire lo sviluppo economico e sociale dell’area. Inoltre, l’intervento normativo si pone l’obiettivo di dissuadere il minore dal tenere comportamenti contrari alla legge sia mediante la fruizione di percorsi rieducativi sia con il rafforzamento delle disposizioni sanzionatorie.
Di seguito alcune delle principali misure inserite nel provvedimento.
  • L'introduzione del reato di stesa, in materia di pubblica intimidazione con uso di armi, che punisce, con la reclusione da 3 a 8 anni, “chiunque, al fine di incutere pubblico timore o di suscitare tumulto o pubblico disordine o di attentare alla sicurezza pubblica, fa esplodere colpi di arma da fuoco o fa scoppiare bombe o altri ordigni o materie esplodenti”.
  • Una stretta in materia di porto di armi, anche mediante la prospettiva di una nuova fattispecie che punisce, con la reclusione da 1 a 3 anni, chiunque, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, porta un’arma per cui non è ammessa licenza.
  • L'introduzione dell'obbligo di adottare sistemi per la verifica della maggiore età degli utenti per i siti pornografici.
  • L’inosservanza dell'obbligo dell'istruzione dei minori viene trasformato da contravvenzione in delitto: chi non iscrive il minore rischia la reclusione fino a 2 anni, mentre per le assenze ingiustificate si prevede la reclusione fino a 1 anno.
  • Ampliata la platea dei reati per i quali può essere disposta la custodia cautelare e viene abbassata da 9 a 6 anni la soglia edittale che consente di applicare la misura detentiva; inoltre, i detenuti che abbiano compiuto i 21 o i 18 anni e che hanno atteggiamenti considerati violenti potranno essere trasferiti in carceri per adulti.
  • Inasprite le pene previste per lo spaccio di stupefacenti, anche di lieve entità.
  • Previsto il rafforzamento dell’operatività dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale nella lotta contro la pirateria digitale.
  • L'istituzione dell’Osservatorio sulle periferie, avente il fine di monitorare le condizioni di vivibilità e decoro delle aree periferiche delle città.
Un decreto che ha suscitato e suscita ancora diverse polemiche, non solo nelle aule politiche. Il fatto che desta più preoccupazione risiede nelle “carcerocentricità” dell’intervento normativo e pone dubbi sull’effettiva utilità dello stesso nel contrasto al fenomeno della criminalità minorile.
“La vera emergenza non è quella di prevedere un maggior ricorso al carcere, ma quella di potenziare le strutture, sia carcerarie che comunitarie, per renderle luoghi di efficace e reale recupero dei minorenni. È necessario chiedersi, prima di tutto, quale debba essere il fine di un periodo di carcerazione, non limitarsi al mezzo”, ha dichiarato Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, che ribadisce l’importanza di valorizzare la giustizia riparativa in ambito minorile. “È uno strumento prezioso, che incide positivamente sulla vita delle persone coinvolte, sul tasso di recidiva e si affianca alle risposte della giustizia tradizionale senza sostituirle”.
 
Di parere opposto il pensiero di Riccardo De Corato, vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali alla Camera. “Pensiamo infatti che i giovani possano essere rieducati, come previsto dalla Costituzione, anche attraverso la pena, per far sì che non commettano più reati tali da compromettere non solo il futuro di altre persone, ma anche il loro”.


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